Nolan nel “gotha” dei registi: Dunkirk, film da brividi

L'ARTICOLO POTREBBE CONTENERE DEGLI SPOILERDi tutti i film girati da Christopher Nolan, Dunkirk è quello che più degli altri definisce la sua eccelsa qualità cinematografica e che gli permetterà (oscar o no) di assurgere al gotha dei principali registi di questo secolo. 

Nel cinema ci sono quei registi la cui vis creativa si sviluppa in età precoce, che riescono a dare il meglio di sè nel pieno della propria esperienza giovanile, nei momenti in cui le emozioni si vivono a fior di pelle, poi ci sono - un po' come in tutte le cose - i diesel, quei motori che solo dopo un rodaggio più lungo riescono ad essere riconosciuti come validi cineasti. Infine esistono quelli come Christopher Nolan - e ce ne sono davvero pochi - la cui qualità artistica viene identificata alla prima comparsa sui red carpet, magari nelle sezioni per appassionati di cose "strane", ma che solo con il tempo e il lavoro testimoniano il loro grande valore. Un po' come nel calcio il campione si vede non da chi ti fa vincere una gara, ma da chi ti "regala" la coppa.

Tutti adesso diranno che di Nolan si sapeva già che fosse un predestinato, soggetti e storie come Following e Memento non nascono così, a caso, bisogna averne di idee, di immaginazione e di voglia di raccontare, ma poi arriva un momento nella carriera di un regista che se si resta ancorati al cliché della trovata o della trama ingarbugliata (vedi i fratelli Wachowski di Matrix), si rischia di diventare - un po' come capita con gli attori - delle macchiette, dei "guappi". Oppure arriva il momento della consapevolezza e della svolta, quel momento in cui, anche implicitamente, il regista si può permettere di dire "adesso io faccio il Cinema!"

Nolan, che tanto stupido non è, e che sa usare molto bene le proprie qualità, dopo aver incantato il pubblico con The Prestige, averlo sorpreso con la trilogia di un fumetto come Batman e interrogato con due film più "teoretici" (e, astretto parere personale, meno riusciti) come Inception e Interstellar, ha deciso di tornare con i piedi piantati ben per terra con un film di genere, e per di più con un "doppio genere" (bellico e thriller), come Dunkirk.

Volendo evitare il più possibile gli spoiler si può però raccontare perchè Nolan, proprio con Dunkirk (e non con qualcuno dei film precedenti) potrà essere considerato alla stregua dei grandi cineasti.

Il "nuovo" Alfred Hitchcock

Per quanto il paragone possa essere azzardato, sono davvero in pochi gli autori europei o americani nati dalla seconda metà degli anni '60 ad avere raccontato per più di un film storie appassionanti e apportato qualcosa di innovativo, dal punto di vista tecnico o registico. Nolan in Dunkirk ripropone l'idea del genere nel genere (di sicuro non il primo), aggiungendo una impressionante capacità di emozionare lo spettatore, di tenerlo incollato alla sedia per quasi due ore, ininterrottamente, con una trama non particolarmente ricca di fronzoli (sebbene qualche spazio al suo tocco ci sia anche qui). Il genere bellico aveva bisogno di trovare nuove modalità per essere riproposto e raccontato. Negli ultimi anni ad avere azzeccato la scelta sono stati in due: l'altro si chiama Quentin Tarantino, con Inglorious Basterds. A Nolan il vanto di aver preso gli insegnamenti di Hitchcock e averli saputi tradurre in ciò che, oggi, per tecnica, capacità descrittive e narrative, può essere definito un thriller.

Drama Psicologico

Tutti ricordiamo gli spettacolari 25 minuti iniziali di Saving Private Ryan (in italiano Salvate il Soldato Ryan) di Spilberg che descrivevano la straziante cruenza dello sbarco in Normandia. Dunkirk riesce là dove non aveva completato il cerchio Spilberg: parlare del dramma, oltreché della crudeltà, della guerra (con il doppio del sentimento emotivo). La storia del singolo soldato non diventa esaltazione di valori universali o degli "americani" valori di libertà, ma una lotta di sopravvivenza. E' una questione di centimetri, quelli in cui cade la bomba, e da una parte c'è la vita, e dall'altra la morte. Il caso arriverà a decretare chi sopravvive e chi verrà ricordato come "caduto". L'orgoglio patriottico e lo spirito di attaccamento ai valori inviolabili o alla vita diventano uno elementi ugualmente importanti, alla pari, che compongono e caratterizzano la complicata personalità del genere umano. Questo rende meno prosaico il film, molto più veri e "vicini" i personaggi. Per tornare ad una citazione registica (Spilberg), Dunkirk è molto più vicino a Lo Squalo di quanto non sia vicino al film (a cui si fa accenno sopra) con Tom Hanks.

La tecnica e lo stile 

Nolan insegna, avendone le possibilità economica di farlo (più difficile andarlo a spiegare a un ragazzo alle prime armi che vuole entrare in questo mondo), che il cinema possa essere fatto ancora "come si faceva un tempo" e che non è solo la tecnologia a rendere "impressionanti" le storie. Pellicola - e non digitale - più larga del normale, macchine da presa più grandi e un senso di pienezza all'interno della scena che aiuta lo spettatore ad entrare in empatia con i personaggi oltreché a vivere quasi in prima persona, con sapienti usi della macchina da presa (che non gli sono estranei), lo spazio delle scene. Alla faccia di chi crede che il futuro sia esclusivamente in mano alle produzioni in 3D.

La scelta degli attori: un film corale

Kubrick era un maestro nel trovare dei volti "normali" per i suoi personaggi e trasformarli, grazie proprio ai suoi film, in divi (fatta eccezione per l'ultimo suo Eyes Wide Shut). Nolan compie la scelta di lasciare ai volti più noti (Cillian Murphy, Kenneth Branagh e Tom Hardy, il cui volto si scoprirà solo nel finale) alcuni "cammei", mentre destina al ruolo di protagonisti alcuni volti meno conosciuti, almeno su scala internazionale. Il risultato è quello di stare davanti ad un grande film corale, a cui tutti gli attori, ciascuno per la propria parte, partecipano raccontando il loro personaggio, un pezzo di sè, e contribuendo così a trasformare un fatto storico in un momento di vita condivisa dal singolo individuo.

Il valore della Storia

Pur partendo dal dramma personale e particolare dell'uomo e di ciascuno dei personaggi in scena, Nolan ci tiene (e non lo si nota solo dalla citazione finale al discorso di Churchill o dalla dedica nei titoli di coda) a raccontare un fatto che ha riguardato tutti e che dovrebbe riguardare ancora le nostre coscienze. Ecco perchè la ricerca storica del film è metodica e scrupolosa salvo qualche concessione stilistica, che ai fini del racconto risultavano secondari o, per necessità, servivano al regista per rendere il pathos su scena. La storia si sviluppa lungo gli eventi accaduti nella settimana tra la fine di maggio e il 3 giugno del 1940 quando gli inglesi trasferirono dalle coste della Francia al di là della Manica un contingente di soldati pari a 338.000 rispetto alle 400.000 asserragliate attorno alla città di Dunkerque (Dunkirk, in inglese) dopo lo sfondamento tedesco della linea in Belgio e la sconfitta - in pratica - dell'esercito francese. Anche in questo caso l'elemento di sorpresa è doppio. Nolan non decide di raccontare la storia dalla parte del vincitore, ma da sconfitto, come qualcuno che ha preso una batosta e che deve alzarsi per reagire. Nonostante ciò il focus non è tanto sul nemico, che non viene praticamente mai rappresentato con una faccia, da vincitore; al contrario si concentra sullo sconfitto. In compenso, del vincitore, se ne sente la presenza e si avverte la crudeltà degli atti di guerra.

Un elemento su cui sarebbe interessante avere un riscontro dal regista stesso: se anche questo tipo di scelta sia stato funzionale alla resa "thrilling" della pellicola o per impersonificare "il male" dietro alla volontà del singolo dittatore, piuttosto che alla brutalità che, in guerra, il genere umano dimostra di possedere e conoscere.

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