De Andrè Canta De Andrè ad Alba. Attraverso la memoria.

Presto nei negozi arriverà il terzo capitolo del viaggio nella memoria di Cristiano De Andrè. Intanto il cantautore ha fatto tappa ad Alba per il festival Attraverso, con il suo spettacolo dedicato alle canzoni del padre, rilette in chiave rock.

Quanta storia e quanta letteratura sono passate tra le colline delle Langhe. Le pagine di Arpino, Fenoglio, Pavese...Le canzoni di Testa, di Conte... E di Fabrizio De Andrè, che tra questi vigneti ha vissuto le estati dell'infanzia e, alcuni anni più tardi, potè leggere su un giornale locale la storia di una sfortunata "Marinella".

Il concerto di Cristiano De Andrè al Teatro Sociale di Alba ha il sapore di un ritorno a casa, di una rimpatriata. È uno di quegli eventi che immediatamente, si popolano di innumerevoli ricordi e fantasmi e tutto sembra evocare qualcosa dal passato. Del resto la natura stessa della serata va in questa direzione. De Andrè canta De Andrè si avvicina al terzo capitolo, almeno discograficamente parlando. È attesa a breve, ad ottobre, l'uscita del terzo disco dedicato alla rilettura delle canzoni di Fabrizio De Andrè curata da Cristiano e dalla sua band. Gli anni 10 per Cristiano De Andrè sono stati un grande viaggio nella memoria. Dopo una carriera ventennale da solista, durante la quale ha prodotto alcune vette decisamente sontuose (su tutte Scaramante: una gemma della musica italiana anni novanta dalle raffinate sonorità mediterranee, capace di coniugare il pop nazional popolare con la canzone d'autore) l'artista genovese ha deciso di affrontare a viso aperto tutti i fantasmi del suo passato, le luci e le ombre del rapporto con i genitori, il peso di un'eredità ingombrante quanto meravigliosa.

Nel 2009 il primo tour, con uscita del relativo disco live, dedicato alle canzoni del padre, una decisione sofferta. Da quel 11 gennaio 1998 in tanti hanno deciso di lavorare sul ricordo di Fabrizio, con l'innesco di innumerevoli tour, concerti, tributi. Un ginepraio di musica e riarrangiamenti in cui non è sempre facile distinguere tra chi ha una giustificazione artistica e storica per farlo (ad esempio la Premiata Forneria Marconi o Mauro Pagani, che sono stati autori di alcune tra le pagine più memorabili del repertorio del cantautore genovese), chi si diverte a rielaborare partendo dal più bel materiale messo a disposizione da un autore (vedi il De Andrè in jazz di Di Battista e Co.) e chi invece propone l'ennesimo memorial a uso e consumo dei fan. Così è lecito chiedersi: serve davvero un altro concerto, un altro tour tributo a Fabrizio De Andrè? Per molti anni la risposta stessa di Cristiano è stata no, anche di fronte all'impresario gli faceva notare che lui sarebbe stato il più titolato a farlo. Il problema di Cristiano non era tanto quello di imbarcarsi o meno in un progetto velleitario, rischiando la figura dell'artista che cerca una via d'uscita campando della luce riflessa del padre. Era l'oggettiva difficoltà personale dell'affrontare quel repertorio, i ricordi ad esso collegati, la responsabilità di portare avanti, con il proprio nome e la propria faccia, quell'eredità in modo degno. La decisione, alla fine, di affrontare quell'avventura è stata fortunata: il tour e il disco sono stati un successo, un anno dopo è arrivato il Vol. 2. Poi il disco di inediti Come in cielo così in guerra, in cui la memoria è, ancora una volta, uno dei temi fondamentali. E i nuovi riarrangiamenti di De Andrè canta De Andrè.

Questo concerto gronda vita vissuta da ogni nota, da ogni parola. Cristiano, che sembrava sul punto di commuoversi per ben due volte, ad un certo punto lo ha definito una “messa laica”. È evidente che salire su un palco e portare in giro la musica del padre, la musica che ha suonato per molti anni accanto a lui, non è una cosa che fa alla leggera. Un concerto del genere potrebbe tranquillamente permettersi di essere presentato al pubblico senza alcuno scopo artistico che lo giustifichi, senza un progetto: basterebbe “Fabrizietto” come lo chiamavano ai tempi del tour del 1979 (Franz Di Cioccio dixit) che canta il materiale del padre per attirare ascoltatori e ingolosire giornalisti e impresari. Eppure Cristiano De Andrè lo ha concepito e portato avanti con una precisa idea musicale: dare una nuova veste rock, al passo coi tempi, alle canzoni per renderle più appetibili, anche a un pubblico più giovane. Un modo per impedire che quel repertorio si cristallizzi sugli scaffali di un museo ma continui a viaggiare tra la gente nel contemporaneo, resti cantato, ascoltato, amato da un pubblico trasversale, non solo da chi ama la canzone d'autore. Le riletture contenute nei primi due dischi dal vivo, elaborate con Luciano Luisi, erano argute e convincenti. Qualcuna più aderente all'originale, altre decisamente coraggiose. Tra queste spiccava sicuramente Se ti tagliassero a pezzetti, che abbandonava completamente il territorio di un arrangiamento oggettivamente intoccabile per riscriverlo completamente, facendolo diventare un pezzo pop ritmato e scorrevole. Anche i nuovi arrangiamenti, ascoltati ad Alba, risultano quasi tutti convincenti allo stesso modo. 

I musicisti sul palco sono gli stessi del tour di Come in cielo così in guerra: Osvaldio Di Dio alla chitarra, Davide Pezzin al basso, Daniele De Vito alla batteria e Daniele Depuis alle tastiere (autore insieme a Cristiano degli arrangiamenti dei nuovi pezzi).

Cristiano ha aperto il concerto salendo sul palco da solo, armato solo della sua chitarra, e intonando la bellicosa Canzone del maggio, che è rimasta nel cuore di tutti i fan di Fabrizio come l'inno all'impegno e alla ribellione nei confronti del potere. Ha poi continuato con una versione ritmata e abbastanza fedele all’originale di Sinan Capudan Pascià e con un gioiellino del vol. 2: A Çimma, la ricetta tradizionale della Cima genovese in musica. Una delle canzoni forse più difficili in assoluto da presentare a un pubblico generalista. La versione power ballad di Cristiano, con suoni moderni e le spolverate di chitarra del bravissimo Osvaldo Di Dio, è davvero trascinante. Le successive canzoni in scaletta sono per la maggior parte le nuove versioni che probabilmente saranno pubblicate nel volume 3 di prossima uscita. Khorakhanè, Dolcenera, Una Storia
sbagliata, Coda di lupo, Hotel Supramonte, Il testamento di Tito, Una canzone per l’estate, il Bombarolo, la Guerra di Piero, Amore che vieni amore che vai. Sono tutte riletture incisive, declinate in chiave decisamente rock. L’unica meno convincente è parsa, a mio parere, Khorakhanè. La versione proposta da Cristiano e dalla sua band ne fa una versione power ballad, abbastanza aderente all’originale, ma imbustata in una gabbia ritmica più rigida. In certi momenti della canzone funziona, in altri però si avverte un po’ il “respiro corto” di una canzone che nasce come un inno alla libertà e che, in pieno accordo con questo spirito, era lasciata per ampi tratti libera da riferimenti ritmici precisi, affidata al gusto dell’interprete. Va detto che alcune canzoni, per loro stessa natura, si adattano meglio al progetto di Cristiano, come l’arrembante Coda di lupo, tanto per citarne una. Degne di nota anche la versione di Hotel Supramonte incentrata sul pianoforte e la voce, la fresca ed elettrica Canzone per l’estate e Una storia sbagliata, ricca di groove. è particolarmente suggestiva anche la Guerra di Piero, che nasce da un’intuizione raffinata: se l’originale era esclusivamente affidata alla chitarra acustica e alla voce, nell’arrangiamento di Cristiano la voce appoggia sulla chitarra elettrica di Di Dio, che ricama un arpeggio elettrico ricco di sfumature, con un sapiente uso dell’effettistica. Depuis completa con un evanescente tappeto di tastiera. Una soluzione sicuramente efficace dal vivo, anche perchè conta sulla teatralità della canzone e sulla forza del suo testo, che più che cantato sembra quasi declamato, in un momento di forte ritualità. Su disco, nel caso si scegliesse di includerla, forse sarebbe di ascolto più faticoso, nella sua scarna musicalità. Verso il finale compaiono anche tante canzoni già note, come la Collina, con la sua potentissima chiusura, l’immortale Creuza de Ma, e le vigorose Quello che non ho e Fiume Sand Creek.  Il bis è una vera e propria festa, con tre brani tutti da ballare: A dumenega, Volta la Carta e l’immancabile Pescatore. La funkeggiante versione della PFM viene ulteriormente indurita e potenziata dalla band di Cristiano, che ne fa un pezzo veloce e dal piglio estremamente rockeggiante. Vista la reazione entusiastica del pubblico Cristiano concede un ulteriore bis: ed esce per una toccante versione pianoforte e voce della malinconica Canzone dell’Amore Perduto. Il concerto si conclude con il celeberrimo tema di Handel della canzone ancora negli autoparlanti e la band alla ribalta, a ricevere i meritati applausi.

Fabrizio De Andrè una volta presentò Cristiano dicendo: “un grandissimo talento che casualmente porta il mio cognome”. Quel talento lo ha dimostrato più volte, facendo dischi sontuosi come quello Scaramante, citato poc’anzi. Continua a dimostrarlo, anche in questo lavoro delicato di rivestitura delle canzoni di suo padre. Le nuove versioni possono piacere o meno, essere più o meno azzeccate ma credo che su una cosa non ci siano dubbi. Sono scritte e suonate con il cuore. Questo è un valore aggiunto che al progetto De Andrè canta De Andrè nessun critico, per quanto malintenzionato, potrà mai togliere.

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