La prima star che ha aperto la rassegna teatrale della città di Mondovì è il testo: Poker infatti è il titolo scelto (probabilmente per la sua maggiore incisività e semplicità) per questa produzione di un piccolo classico, nel mondo della drammaturgia contemporanea. Si tratta de “La scelta del Mazziere”, scritto dallo sceneggiatore inglese Patrick Marber, autore di tantissimi lavori, sia per il teatro che per il cinema (ha all’attivo, tra i suoi titoli più famosi, lo script di “Diario di uno scandalo” interpretato da Judi Dench e Cate Blanchett, e di Closer, tratto a sua volta da una sua opera teatrale, interpretato da Jude Law, Natalie Portman, Julia Roberts e Clive Owen). Dopo aver debuttato sulla scena come Stand Up Comedian, fu proprio con “La scelta del mazziere” (in originale “The dealer’s choice”) che il suo talento come autore iniziò ad avere un’affermazione. Il lavoro vinse l’Evening Standard Award per la migliore commedia e fu il primo importante passo verso una carriera strepitosa. I sei attori che portano in scena la commedia in questa produzione (Francesco Montanari, Alberto Giusta, Matteo Sintucci, Federico Vanni, Massimo Brizi, Aldo Ottobrino) sono tutti professionisti di lungo corso, con all’attivo una lunga esperienza teatrale e cinematografica. Il più noto al grande pubblico è Francesco Montanari, l’interprete del cameriere “Pollo”, anche per via della sua partecipazione a “Romanzo Criminale” nel ruolo del Libanese. La star della serata è il testo, tuttavia, perché i componenti della compagnia si mettono completamente al servizio della scrittura, al netto di ogni divismo. Ne viene fuori una serata di grande teatro: gli attori sanno accostare la recitazione realistica, naturale, richiesta dalla commedia a un’impostazione della voce e dei gesti tipicamente teatrale. La partitura di Marber è ostica da gestire, richiede grande attenzione e affiatamento tra gli interpreti, soprattutto nei tempi, nell’intreccio tra le voci degli attori, nei quartetti in cui intrattengono conversazioni parallele, o nei litigi, in cui la confusione simulata non deve pregiudicare la comprensibilità delle battute.
Il racconto è imperniato sul tavolo da gioco, formidabile tavolo di dissezione della natura umana per un autore. Il gioco d’azzardo è un topos letterario classico, come la guerra, come l’amore. Decine di autori lo hanno utilizzato come pretesto per i loro viaggi nella geografia dell’anima. Il primo che viene in mente, quasi senza sforzo, è Fedor Dostoevskij, con il suo “Il Giocatore”, imperdibile galleria di ritratti, redatta peraltro per saldare un debito di gioco del suo autore. Anche in relazione al lavoro di Marber, viene in mente un altro fortunato precedente, italianissimo: si tratta di “Regalo di Natale” di Pupi Avati, poi seguito da “La rivincita di Natale”. Le pellicole, del 1986 e del 2004, raccontano del complesso rapporto tra un gruppo di amici che a Natale si sfidano, tradizionalmente, a una partita di poker. Anche qui, come in Marber, al centro della narrazione sta il Poker: perverso connubio di fortuna e abilità, è un formidabile terreno di scontro dove i personaggi non solo combattono tutti contro tutti ma anche contro sé stessi. Dentro allo sguardo, più o meno penetrabile, di ogni giocatore di poker si nasconde una viva battaglia, tra impulso e riflessione, tra emotività e razionalità. Tra pensieri ed espressione. In qualche caso, come ad esempio accade nella pièce di Marber, tra la consapevolezza che sarebbe meglio alzarsi e abbandonare il gioco o non entrarci proprio e la voce della propria dipendenza patologica che invece obbliga il malcapitato a piegarsi al vizio. “The Dealer’s Choice” si svolge tutta in un ristorante di Londra, dove il proprietario è il maestro concertatore di sfide notturne, che si alternano ogni mercoledì, e di cui registra ogni dettaglio in modo maniacale. Intorno al tavolo raduna i suoi dipendenti, il cuoco Sweeney, i camerieri Pollo e Frankie e il figlio Carl. Sweeney è un padre separato, incline al gioco e alla bottiglia, che tradisce durante lo svolgersi della trama, la sua debolezza. Frankie sogna di lasciare il lavoro ed emigrare altrove, ha già messo da parte un gruzzolo che spera di integrare con le vincite della partita successiva: è un personaggio allegro e guascone, dotato di un’astuzia insidiosa. Pollo è un personaggio chiassoso, ingenuo, irriverente, generoso, impulsivo e irrimediabilmente stupido. Poi c’è Carl, personaggio narcisista, seduttore, completamente incapace di controllare il vizio del gioco, e il padre, il proprietario del ristorante. Proprio lui è il personaggio più ambiguo e complesso di tutti. Stephen, questo è il suo nome, è imperturbabile ed impenetrabile. Conserva un’affezione misteriosa per il rito della partita di poker della domenica ma soprattutto ne registra compulsivamente gli accadimenti: e guarda ai suoi dipendenti, a suo figlio, con cui ha un rapporto difficile, con occhio affettuoso ma impietoso. L’impressione è che agisca quasi come un burattinaio esterno, organizzando queste partite, per poi divertirsi ad osservare quello che accadrà e a cercare di analizzare e prevedere il comportamento dei quattro ragazzi con il freddo sguardo di uno psicologo, di uno scienziato che studia i movimenti dei suoi topi chiusi nel labirinto, salvo poi anch’egli scoprire e svelare le sue debolezze, forzato, per pochi secondi, a gettare la maschera sul finale. Egli, guarda in particolare con affetto al cameriere Pollo, che si illude di proteggere, con discrezione: perdendo talvolta qualche mano apposta, indirizzandolo con qualche consiglio. Sembra in qualche modo essere affascinato dalla sua ingenuità, dal suo candore, che in qualche modo lo rendono una persona totalmente incapace di difendersi, ma onesta, pulita, priva di doppiezza. Un libro spalancato, che affronta la vita con entusiasmo e a muso duro. Il personaggio, interpretato da Montanari, è il protagonista non scritto di questa partita a cinque. Attraversa le vicende narrate, le storie dei cinque protagonisti che si intrecciano, tra bugie, verità nascoste, manipolazioni, ipocrisie, come una scheggia impazzita, a tratti realmente inconsapevole di quello che gli accade intorno. Un ruolo esuberante, virtuosistico, tiene banco anche molto a lungo, con una recitazione molto energica e frenetica: per l’interprete è un vero e proprio tour de force. Non va sottovalutata, tuttavia, la difficoltà degli altri cinque personaggi: presentano ambiguità, zone oscure, che il lavoro degli attori deve abilmente lasciare trasparire. A volte basta un’ombra nello sguardo, un’inflessione nella voce, un’esitazione per dare conto, a chi guarda, delle sottili increspature dell’animo del personaggio, per svelare le vibrazioni del sentimento dietro la maschera impenetrabile dei consumati giocatori d’azzardo. Per questo, oltre alla prova da mattatore di Montanari, colpisce la finezza nella resa del dettaglio e della sfumatura, degli altri interpreti.Un giocatore è, a suo modo, il più formidabile degli attori. Questa recitazione della recitazione, questo doppio fondo interpretativo rende questo lavoro un formidabile banco di prova, per qualsiasi uomo da palcoscenico.
The Dealer’s Choice
di Patrick Marber
(traduzione di Carlo Sciaccaluga)
Francesco Montanari: Pollo
Alberto Giusta: Sweeney
Matteo Sintucci: Carl
Federico Vanni: Stephen
Massimo Brizi: Ash
Aldo Ottobrino: Frankie
Regia di Antonio Zavatteri