Musica rock per un’ Apocalisse morbida: Thor Ragnarok

Supereroi e divinità nello scontro finale tra bene e male, in un confronto ormai fuori dalla loro portata.

TRAMA

Due anni dopo la battaglia di Sokovia (The Avengers – Age of Ultron) Thor è prigioniero del demone Surtur, questi gli rivela che Ragnarok si sta avvicinando e che la fine di Asgard è vicina. Sconfitto il demone Thor torna ad Asgard e scopre che il padre, Re Odino, è scomparso; insieme al fratello Loki giunge sulla terra e aiutato da Stephen Strange ritrova il padre in Norvegia. Odino sofferente rivela che la morte è prossima ad accoglierlo, ed appena avverrà il trapasso la primogenita Hela, la dea della morte,  tornerà a reclamare il trono di Asgard. Infatti appena il Re muore Hela viene liberata immediatamente dalla prigionia, palesandosi  subito davanti a Thor con l’intento di prendersi Asgard e cominciare un regno di oscurità e terrore.

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Nella mitologia nordica il termine Ragnarok rappresenta lo scontro finale tra le forze della luce e dell’ordine contro quelle dell’oscurità e del caos, culminante con la distruzione totale a cui segue la rinascita, in questo terzo capitolo cinematografico a lui dedicato Thor si trova costretto ad affrontare quindi una sorta di  apocalisse. Una prova estrema per il Dio del tuono, nato editorialmente nel 1962, ma in realtà esistente già nella tradizione mitologica scandinava dell’antichità, il personaggio è arcinoto, come anche lo strumento di cui si serve, il celeberrimo martello di Thor. Collocato nell’universo Marvel con la trilogia che porta il suo nome, la cui consequenzialità è alternata coi film degli altri appartenenti del team Avengers, bisognerà dunque essere a conoscenza di ciò che è avvenuto negli altri lungometraggi Marvel per avere una visione completa delle vicende narrate in Thor: Ragnarok.

Il taglio usato dalla Marvel per le sue pellicole è ormai ben chiaro, e volutamente in contrapposizione con quello usato dalla rivale Dc comics contraddistinta da toni più cupi, infatti ironia e dissacrazione del personaggio eroe sono elementi portanti del loro stile, con l’intento di alleggerire la vicenda, deviandola su un aspetto più spettacolare e goliardico a discapito di un’analisi o di una ricerca approfondita all’interno della trama. Se una linea più scanzonata può risultare efficace per rendere più spensierata la visione e di maggiore apertura a diverse fasce di pubblico, va però ad incocciare con la drammaticità dei temi affrontati, soprattutto in quello narrato in questa storia.

Lo scontro apocalittico finale tra bene e male ha infatti accomunato praticamente tutte le culture e religioni della terra raggruppando ideologicamente tutti gli uomini, compartecipi fin dagli albori a questa paura primordiale, inconcepibile e affascinante, a cui si è del tutto impotenti. Il mondo del fantasy numerose volte in passato, anche con pochi mezzi, ci ha illustrato lo scenario, cercando di mantenere fede visivamente e concettualmente ad un evento di tale portata, ancorando il destino dell’uomo a figure eroiche, unica possibilità di salvezza ad una fine ormai segnata, personaggi inscalfibili e dall’animo incontaminabile, trascinatori avvolti da un aurea messianica. I tempi però cambiano e i personaggi seguono le tendenze, e se si vuole demitizzare un eroe bisogna fare i conti con lo scompenso a cui si va incontro, soprattutto quando l’argomento trattato è agli estremi della tensione, privarlo di spessore e carattere causa che egli non risulti più credibile al cospetto della portata della missione a cui si trova di fronte, e in questo non può bastare la spinta d'aiuto portata da musica rock e roboanti effetti speciali.

 

Altro aspetto che contraddistingue il concetto di eroe fin dalla mitologia antica è il bisogno di affrontare delle prove via via sempre più impegnative, emblematicamente rappresentate dalle fatiche di Ercole, idea congenita dell’uomo nel volersi misurare con prove sempre più impegnative, emblema della sua smania di competizione; evoluta nel corso dei secoli ed entrata nel mondo dell’intrattenimento moderno soprattutto con l’influenza degli anime e manga giapponesi e dall’arrivo dei videogiochi nel corso degli anni ’80, contraddistinti dall' aumentare della difficoltà ad ogni livello superato. I cinecomics si sono ovviamente accodati a questa tendenza, ma se ad ogni capitolo c’è sempre una prova più complicata da affrontare, cosa potrà esserci di peggio dell’apocalisse? La risposta è nulla. Ecco dunque che la corsa sfrenata e irruenta per giungere a questo a capitolo ne brucia inevitabilmente le possibilità per eventuali successive tappe, ed averlo approcciato senza la giusta tensione rappresenta un’occasione persa. Se la produzione risulta deficitaria sul contenuto artistico è invece elogiabile su quello tecnico, cominciando da scenografie e trucchi, soprattutto nel make up di una irriconoscibile Cate Blanchett, oltre ad una colonna sonora efficace, ispirata da synthpop ed elettronica, un connubio tra Krafwerk e Limahl, oltre alle tracce rock dei Led Zeppelin.

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