Terzo appuntamento della stagione teatrale monregalese la sera di martedì 16 gennaio, al Baretti: è la volta di “Quintetto” di Marco Chenevier, un singolarissimo spettacolo di danza che vuol essere una riflessione sui tagli alla scienza e alla cultura.
L’ideazione è nel 2008, nell’ultima stagione berlusconiana, ma l’argomento – come ribadisce lo stesso autore – resta di perenne attualità. Dieci anni fa la decisione di portare in scena Rita Levi Montalcini, la centenaria senatrice a vita, come simbolo della ricerca bistrattata: una “Montalcini Tanz” da concludersi col monologo del replicante di Blade Runner.
Solo che, naturalmente, i tagli alla cultura hanno sottratto i finanziamenti allo spettacolo: tagli del 35% a livello italiano, dell’80% nella ricca regione autonoma Valle d’Aosta, da cui l’artista proviene (sarebbe interessante, naturalmente, sapere i valori assoluti di partenza). Così, Chenevier - disintegrata la quarta parete che Ibsen aveva iniziato a incrinare - recluta con modi spicci almeno sei malcapitati dal pubblico per svolgere le funzioni dei componenti dello spettacolo caduti sotto la forbice del governo cieco all’arte: tecnico luci, tecnico suoni e quattro ballerini di contorno.
Naturalmente, si sprecano le possibilità di intravvedere in controluce raffinati simbolismi: oltre al sempre attuale lamento d’Arianna della cultura economicamente negletta, la necessità di reinventarsi in questi tempi di precarietà e di crisi che coinvolge gli spettatori stessi, e poi l’eterna riflessione sulla rottura della quarta parete, da Ibsen in poi. Il problema, come aveva ben teorizzato Andersen nella fiaba de “I vestiti nuovi dell’imperatore”, è che non si può far altro che applaudire ammirati a queste cervellotiche elaborazioni, a meno di non avere la statura di Fruttero e Lucentini che fustigando le derive dell’intellettualismo non avevano pietà nemmeno dei moderni spettacoli teatrali cerebrali tipo “Eraclito per marionette, Montale elettronico, Keplero in dialetto pugliese”.
Va detto che il ballerino è in effetti bravo tecnicamente, nella manciata di minuti in cui lo si vede realmente ballare secondo i principi della danza moderna, abbastanza per chiarire che il suo almeno non è un comodo espediente, ma una ricerca intenzionale. Un pensiero molesto, che cerco di scacciare, mi suggerisce che con gli opportuni aggiustamenti questo spettacolo starebbe benissimo in un Fantozzi di Paolo Villaggio, con un Guidobaldo Maria Riccardelli che faccia rigirare appunto una Totentanz invece che la scena della carrozzina della Corazzata Potemkin (sostituita dalla strizzata d’occhio alle corazzate spaziali di Blade Runner). C’è anche qualcosa della visita al ristorante La Parolaccia, con Fracchia che spera di offrire una cena elegante alla Mazzamauro, ma si ritrova in un ristorante che prende a pesci in faccia i clienti. Forse, in qualche spezzone dimenticato, Fantozzi invita la Signorina Silvani alla prima del teatro cittadino, svenandosi: c’è un modernissimo allestimento teatrale delle “120 giornate di Salò” che va per la maggiore, ma lo sventurato ignora che Guidobaldo Maria Riccardelli II ha la fissa per il teatro sperimentale più ardito...
Insomma, a suo modo “Quintetto” una risata la strappa, e offre indubbiamente un incontro interessante con le ricerche del teatro-danza più oltranziste, non così comuni per il pubblico monregalese.