Anche quest'anno in Liguria si è svolto il rito profano Festival di Sanremo. Si può amare, restare indifferenti, o, addirittura, odiare questa kermesse; la si pensi come si vuole, insomma, ma è assodato che il Festival sia un indicatore capace di raccontare il Paese, al di là dei generi e delle mode.
Se andiamo a guardare gli ultimi 25 vincitori della kermesse possiamo notare che di acqua sotto i ponti ne è passata, una generazione è, bene o male, parecchio tempo, e qualche differenza la si può cominciare a vedere. La più lampante è di carattere "economico", soprattutto nel numero di dischi venduti, ridotti drasticamente. Il salto in avanti invece è notevole quando si partecipa: il Festival è una cassa di risonanza importante, ci si può far conoscere da un pubblico ben più ampio (raccontavano i Marlene Kuntz). Oggi però, come spiegato da Ultimo, vincitore nella sezione Nuove Proposte dell'edizione 2018, il modo per veicolare la propria musica non è più quello convenzionale di un Cd, o attraverso un giradischi o la radio: oggi la musica, se non si "svolta" con l'accesso ad un Talent televisivo, la si trova on line, attraverso i social network, Youtube, Facebook o Instagram; sono quelli gli spazi dove ci si può costruire una "reputazione" per poi affacciarsi al grande pubblico.
Risalendo ai primi anni di questa ricerca gente come i Timoria (Renga e Pedrini, tanto per capirsi) non arrivava neanche alle fasi finali nelle competizioni tra i nuovi talenti. Per non andare più indietro nel tempo (pensiamo a Dalla con 4/3/1943), nel 1995, fu considerato quasi un sacrilegio che una band come Elio e Le Storie Tese fosse il vincitore morale con l'irriverente brano La Terra Dei Cachi. Rispetto a quella 45a edizione la vittoria nel 2017 di Gabbani, e la "doppietta" di quest'anno probabilmente raccontano un'Italia che è cambiata. Se è già capitato che il vincitore, Ermal Meta, arrivi da esperienze nell'indie (come Renga, lui con La Fame di Camilla), meno scontate sono la partecipazione come ospite d'onore (insieme a Gianni Morandi) di Tommaso Paradiso (leader dei thegiornalisti) e il secondo posto de Lo Stato Sociale che alla prima partecipazione ottengono vagonate di consensi. Cos'è successo?, si potrebbe chiedere qualcuno. L'indie è sbarcato a Sanremo, l'Italia è diventata un paese musicalmente più aperto?
Sarebbe molto bello, ma questi indici non lasciano presagire a nulla di tutto ciò. É indiscutibile che uno strumento giovane come la rete abbia reso più ampio il bacino d'utenza e che le etichette se ne servano per raggiungere il pubblico: una volta si conoscevano gli artisti tramite la radio, la tv o i negozi di dischi, oggi gli strumenti si sono almeno raddoppiati; questo fa sì che le commistioni tra generi, tra ambienti e ambiti, siano molto più risicati e certi palchi anche diventano accessibili a realtà anche meno formali. Peccato che altri palchi, il numero maggiore di essi, quelli piccoli, restino spesso e volentieri vuoti per le difficoltà di chi deve organizzare un cartellone che lotta a star dentro nei costi e, peggio, per la mancanza di pubblico. Alla faccia della voglia di musica e della scoperta di ciò che, oggi, è "indie".