«La donna è come il lupo: robusta, piena di energia, di grande forza vitale, capace di dare la vita, leale, errante» (“Donne che corrono con i lupi”, Clarissa Pinkola Estés)
Imprenditrici, lavoratrici, studentesse, insegnanti, con incarichi pubblici, nel volontariato, nello sport. Donne. Giovedì è l’8 marzo, ed è la Giornata internazionale dei diritti delle donne. Noi la chiamiamo genericamente “Festa della donna”, ricorrenza che a volte si sintetizza con una mimosa e una cena al ristorante. C’è di più, ci deve essere di più. Lo abbiamo chiesto a loro, a tante di loro. Di tanti ambiti diversi.
...
Nonostante sia un “falso storico”, ancora molti credono che l’8 marzo si celebri per ricordare una tragedia in fabbrica. Barbara Tibaldi, 50 anni, è sindacalista (segretario generale Fiom-CGIL Cuneo) che conosce molto bene il mondo delle operaie. Dalle sue parole emerge uno spaccato per nulla bello.
Barbara, nel mondo del lavoro e nel settore che lei segue, com’è la situazione?
Siamo l’esempio perfetto di un Paese che predica bene e razzola malissimo. Parliamo di diritti delle donne, di difesa del diritto alla famiglia… ma di fatto i trattamenti tra operai uomini e donne sono tutti a vantaggio dei primi. Il mondo del lavoro in fabbrica segue ritmi maschili: le donne non si vedono riconoscere nulla. Una operaia che diventa mamma, magari sola, non ha che due strade: mettersi part-time o licenziarsi.
Le operaie reagiscono?
Ci provano, certo. Ma il riconoscimento non esiste e il datore di lavoro non risponde. O, peggio, licenzia. Non esiste nemmeno la collegialità con i colleghi uomini: le operaie sono assolutamente isolate. Faccio un esempio: in tutte le aziende che seguo, io ho chiesto che la maternità facoltativa non fosse conteggiata come ore di assenza dal lavoro. Non ce n’è una che me lo ha riconosciuto.
Vale anche per le aziende dove le operaie sono più che gli operai?
Direi che a volte sono anche peggio. Vi porto a esempio il caso di un’azienda cuneese che un giorno ha raggruppato in unico reparto le donne che avevano un figlio piccolo o più figli assieme ai lavoratori considerati “inidonei”… e poi ha chiuso il reparto. Abbiamo fatto causa e l’abbiamo vinta, però ci rendiamo conto di cosa succede?