La letteratura per musica da camera propone, accanto alle combinazioni più canoniche (come il quartetto d’archi o il trio pianoforte violino e violoncello), le formazioni più svariate e originali, per esplorare opportunità timbriche sempre nuove. L’idea di un quintetto che comprenda tutti gli esemplari della famiglia degli ottoni (tromba, trombone, corno, basso tuba), curiosamente, è relativamente recente. Generalmente a questi strumenti si tende ad associare l’idea della marzialità, del chiasso, e in effetti spesso è proprio questo il ruolo che svolgono in orchestra.
Quando le dinamiche della composizione richiedono maestosità, potenza, ecco che entrano in gioco con tutta la loro forza. Eppure, nelle mani del capace musicista, sono oggetti che permetto una gamma d’espressione molto ampia, dai pianissimi ai fortissimi, tecnica agile e una grande duttilità sonora. Fu nella seconda metà del XX secolo che per la prima volta iniziarono a formarsi ensemble strumentali di questo tipo, che dimostrarono tutta la loro versatilità proponendo un repertorio vastissimo, dalle composizioni originali alle trascrizioni, spaziando dalla musica più colta a quella più popolare. La musica dei Pentabrass, il quintetto d’ottoni formato da componenti dell’Orchestra del Teatro Regio di Torino, esplora tutte le possibilità offerte dalla formazione. Il programma dello spettacolo della serata del 10 marzo, in sala Ghislieri, tocca tutti i generi e tutte le epoche: si parte dall’Alleluja Handeliano (tratto dall’oratorio “Messiah”) per approdare alla marcia trionfale dell’Aida di Verdi. Si continua con la quinta “Danza ungherese” di Johannes Brahms (esempio di repertorio popolare riletto da un compositore classico), per arrivare all’Ouverture delle “Nozze di Figaro” (in cui il pubblico sarà sorpreso dalla capacità degli strumenti di esprimere la leggerezza).
Il programma prosegue con una “Fantasia” dalla “Carmen” di Bizet, Amor Marsch di Johann Strauss Sr., Suite Impromptu di Andrè la Fosse (suite in quattro movimenti del musicista contemporaneo), il Tuba Tiger Rag di Luther Henderson, la Suite Americana di Crespo, il Tango di David Short per chiudersi con Four Hits for Five di George Gershwin. Questi ultimi quattro brani fanno capo alla musica popolare americana tra la fine dell’Ottocento all’inizio del Novecento, dal Tango argentino al Ragtime, dal Vals Peruano ai ritmi della Four hits for Five, del compositore che introdusse gli stilemi del jazz nelle sale da concerto. È un continuo viaggio nella storia della musica, tra musica applicata ed assoluta, musica sacra e musica profana, tradizione classica e jazz. Tutto riletto dai colori degli ottoni, dal virtuosismo degli interpreti Ivano Buat (tromba), Marco Rigoletti (tromba), Natalino Ricciardo (corno), Vincent Lepape (trombone), Rudy Colusso (tuba).