Massimino: la comunità si riappropria del suo passato

Presentati i primi risultati degli scavi archeologici nel borgo antico

 Prima e dopo gli scavi. Due immagini che, proiettate giovedì pomeriggio in San Rocco, hanno lasciato letteralmente “a bocca aperta” l’interessato e numeroso pubblico. Due proiezioni capaci, in pochi secondi, di raccontare l’intenso lavoro, complicato dall’impervietà del luogo, con cui il team guidato dall’archeologa Michela Tornatore, sotto l’occhio attento della soprintendente Marta Conventi, ha riportato in vita l’antico borgo di Massimino, parte del nucleo originario del paese. Resti di una torre di avvistamento e mura che, ripuliti da metri e metri cubi di terra e vegetazione infestante, riportano Massimino addirittura al Medioevo. «Tanta bellezza e ricchezza riaffiorate grazie a un’Amministrazione comunale attenta – ha detto Giampietro Rubino, cultore di tradizioni locali, presente in veste di moderatore –. Un’Amministrazione sensibile alla riscoperta delle proprie radici». Un sogno a cui il sindaco Massimo Paoletta ambiva da oltre dieci anni, realizzato grazie al progetto, a firma dell’architetto Rossella Cuncu, finanziato dalla Compagnia San Paolo per 100 mila euro, a cui il Comune ne ha aggiunti 35 mila. A metà maggio ha preso il via il primo lotto, con la pulitura dell’area di interesse, invasa dalla vegetazione e, dai primi di giugno, si sono aperti gli scavi archeologici. «Un’operazione ambiziosa – ha commentato la soprintendente Conventi –, in cui ha creduto, ancora prima di me, l’intero paese che ringrazio e applaudo; un Comune tra i più virtuosi che abbia conosciuto». La soprintendente ha illustrato le fasi in cui è stato organizzato il lavoro sul sito e, insieme all’archeologa Tornatore, i primi risultati emersi dagli scavi. Quel che è certo è che, sul Colle San Giuseppe, dove sorgeva l’antico borgo di Massimino, ci sono tracce di secoli di storia: dal XII al XVII secolo; periodo, quest’ultimo, a cui dovrebbe risalire anche l’ultima fase di vita del luogo. «La torre di avvistamento – ha precisato Conventi –, al cui interno abbiamo scavato per 3,5 metri, ancorché pare si possa scendere in profondità almeno ancora di un metro, è il manufatto più antico, risalente al XII-XIII secolo. Ha una fattura e una messa in opera eccezionale, forse di influenza con una scuola genovese. Un dato a riprova del fatto che Massimino, terra di confine e passaggio, ha saputo raccogliere il meglio da Liguria e Piemonte». Il progetto di recupero e valorizzazione non si ferma con la fase di scavi; il suo valore aggiunto sta nell’essere riuscito a «individuare un team – ha precisato l’architetto Cuncu –, che lavorerà per valorizzare e promuovere il sito nonché coinvolgere interessati e scuole per renderlo più fruibile e appetibile a livello anche turistico». Ne sanno qualcosa il Fondo storico “Alberto Fiore” che, già a partire dall’autunno, promuoverà convegni a tema; la “Scuola di specializzazione in Beni architettonici e del Paesaggio” del Politecnico di Torino che, per due anni, effettuerà studi e ricerche anche sul campo e l’Associazione culturale “Lino Berzoini” che curerà, il primo già in programma il 4 agosto, laboratori didattici e visite guidate per bimbi e studenti. «Un primo risultato importante – ha commentato il sindaco Massimo Paoletta –, non solo per Massimino, ma anche per la valli Tanaro e Bormida. Un patrimonio storico che non conoscevamo a pieno e che, grazie ai professionisti coinvolti, tornerà alla comunità, sarà divulgato e contribuirà a fare formazione. Mi auguro si tratti del primo anello di una catena capace di “mettere in rete” tutto ciò che di bello e prezioso i nostri territori sanno offrire». Commozione e gratitudine anche da parte di don Giuseppe Rizzo che, con il suo intervento ancorato a fatti e momenti salienti della storia del paese, ha chiuso il convegno. All’uscita: la succulenta merenda sinoira offerta dalla Proloco, allestita nell’area verde boschiva a pochi passi dagli scavi. 

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