Gilberto Gil e Refavela40: quarant’anni di world music

La musica e il movimento Tropicalista raccontato, in live a Monfortinjazz, portando in scena uno dei più importanti artisti brasiliani, icona di un mondo intero

Come fa una musica a diventare iconografia di un intero Paese pur non rappresentandone il genere più comune ed ascoltato, cosa fa di un disco uno dei capisaldi della musica nazionale e, al tempo stesso, l'identificazione sia di un genere particolare e ristretto sia di una grande famiglia? Magari farsi tutte queste domande dopo un live, può apparire eccessivo, ma quando si vedono e ascoltano dei concerti come quello di Gilberto Gil a Monfortinjazz, la cosa diventa parecchio facile. Specie perché Gilberto Gil impersona più di altri artisti, anche dal nome più altisonante, la musica brasiliana e si potrebbe dire il Brasile intero: persona colta (figlio di un medico e appartenente alla borghesia brasiliana diventerà, ai tempi del “primo” Lula Da Silva anche Ministro della Cultura), si lascia rapire dalle tradizioni della regione di Bahia – suo luogo di origine – dove la religione cristiana si fonde con il sincretismo delle popolazioni amazzoniche e si mescola con l'animismo africano delle popolazioni schiave, e che dal punto di vista musicale trova la sua sintesi nel Candomblé. Insieme a gente come Caetano Veloso, Chico Buarque, Os Mutantes, ha creato uno strappo forte nella cultura di quella nazione, suggellando però di fatto un matrimonio mai realizzato tra le sue due anime musicali, la bossa da una parte (quella di Carlos Jobim, Vinicius de Moraes e Joao Gilberto) e la samba dall'altra, che ha guardato all'Africa come ad un luogo con cui “tornare alle origini”, per riscoprire quei ritmi e quegli strumenti che la samba aveva trasformato e potendo declinare il genere sotto una nuova lente e permettendo loro di integrarsi al meglio con un canto più dolce, suadente e meno percussivo.
Con la Tropicália Gilberto Gil, quasi senza saperlo apre la strada a tutta quella che poi venne chiamata World Music, ma in primis è diventato un paradigma nella musica brasiliana, e il progetto del figlio che propone la rielaborazione di uno dei suoi album storici, Refavela, a 40 anni di distanza ne mette in luce tutti gli elementi fondamentali.
Lo spettacolo – nel secondo appuntamento di un Monfortinjazz che quest'anno risulta particolarmente sfortunato (annullati i live di Calexico e Mike Stern & Randi Brecker) – è stato a dir poco lussureggiante: ad accompagnare il cantautore bahiano una serie di artisti di primissimo livello (a cui l'headliner ha lasciato anche lo spazio per una prima parte di spettacolo, durata lo spazio di 5 brani) tra cui la cantante italiana Chiara Civello, la bellissima voce di Mayra Andrade – cantante di Capo Verde che ha stregato per il timbro e la tecnica vocale – e il bravissimo virtuoso della fisarmonica Mestrinho; mille suoni da tutto il mondo, lussureggiante quanto la foresta amazonica e i suoi colori, , il Brasile e la sua vegetazione, i ritmi percussivi dell'Africa, la tradizione di chitarra della penisola iberica, e il jazz con tutte le sue sfumature del '900. Un live e un disco che nella loro matrice di base volevano raccontano le favelas, e che sono diventati un emblema della forza del Paese, intenso, in cui il pubblico è stato partecipe e, come si vede di rado a Monforte, ha preso parte nella parte finale dello spettacolo al ballo per la conclusione di quello che si è consacrato un perfetto rito profano.

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