Un Disco per l’Estate, alcuni ascolti da portarsi in vacanza

Una lunga carrellata di emozioni musicali, gli ascolti di questa prima metà di 2018, da portare sotto l'ombrellone. Da Belle and Sebastian a Nils Frahm, passando per Calexico, Ty Segall, Efrim Menuck, MGMT, Panda Bear, Django Django, B. Fleischmann, Moby, David Byrne e gli Editors. Recensioni in ordine sparso, venute fuori in modo spontaneo, all'ascolto, con la nascita dell'esigenza di scriverci qualcosa.

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Quando eravamo giovani

Belle and Sebastian - How to Solve our Human Problems [2018, Matador]

Forse chi scrive è sempre stato un po' prevenuto nei confronti dei Belle & Sebastien, considerandoli per molto tempo come una delle band più sopravvalutate del panorama "indie" degli anni '90, ma altrettanto candidamente riconosce che How to Solve our Human Problems sia un disco decisamente sopra le righe rispetto al passato. Perchè questo cambio di rotta? Perchè a fare indie così, oggi, ci vuole coraggio, ed a saperlo fare bene, come è il risultato di questo doppio volume, ancor più cosa rara. Il loro è sempre stato un pop/rock orecchiabile e fischiettabile, pieno di bei momenti. E in questa raccolta di EP, fatta uscire in tre volumi a cavallo del dicembre 2017 e febbraio 2018, racconta di una band che ha ancora voglia di raccontare e di raccontarsi: piene le citazioni e i reflussi dell'epoca d'oro della new wave, ma con voglia ancora di divertirsi nel trovare il giusto mix di un suono che, a differenza del passato, arriva meno piatto e molto più fresco.

Brano da ascoltare: We Were Beautiful

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La sempiterna vita del TexMex 

Calexico - The Thread That Keeps Us

Quando uno ci parla di TexMex ci viene facile pensare a qualche piatto di origine messicana, tendenzialmente speziato, a base di guacamole o chili con carne; il riferimento è appropriato, ma non corretto. Il tex-mex infatti è una musica di confine, che ha un'attinenza con il Messico, ma che non è prerogativa stretta di quello stato, bensì di quella striscia di terra che segue la frontiera dello stato centroamericano lungo il perimetro sud degli Stati Uniti d'America, a partire dal Texas e, attraversati New Mexico e Arizona, fino alla California. Lungo quella striscia di terra le due culture spesso non hanno confine, così come la tradizione musicale, che si confonde in un unico flusso sonoro a base di mariachi e di echi lontani che arrivano da New Orleans. Circa una ventina di anni fa Joey Burns e John Convertino hanno lanciato una nuova fase del country, all'epoca destinato ad essere genere di nicchia e passione per pochi, svecchiandone il modo di veicolarne le sonorità ed aggiungendo una pasta sonora più moderna. I Calexico (crasi di California e Mexico) tornano con l'ennesimo album di musica TexMex, ricco di fascino e di fascinazioni per un mondo quasi ancestrale, in cui il gramelot di lingue e culture è base per il percorso musicale. Dopo 20 anni e 9 album, la carriera dei Calexico è ben più che consolidata e chi li ama, non può fare a meno di affrontare anche questo nuovo lavoro con grande curiosità perchè riesce sempre a trovarci qualcosa di nuovo. A chi, leggendo, si approcciasse per la prima volta alla band capita bene perchè rispetto ai precedenti è un lavoro più omogeneo e ricco, il numero dei brani (piuttosto pingue, una quindicina più le bonus track) e di sonorità, aiuta anche ad un primo ascolto.

Brano da ascoltare: Flores y Tamales

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Cosa esiste oltre il muro (di suono)?

Efrim Manuel Menuck - Pissing Stars

Non è mai facile riuscire a dire qualcosa di nuovo, nella musica, specie quando si fa del messaggio il proprio "fine" artistico. Nelle scelte sonore e nel testo c'è chi, come Efrim Menuck, cerca qualcosa di più dell'intrattenere il proprio ascoltatore. I messaggi sono al centro della sua proposta artistica, si parli di politica universale, di problematiche legate ai rapporti tra nord/sud del mondo, di libertà. Menuck dopo l'esperienza con i Godspeed You! Black Emperor e con il side project dei Silver Mt Zion Orchestra, ha scelto di lavorare ad un disco del tutto personale, in cui essere l'unico responsabile dell'opera. Il risultato è un connubio di suono (post rock) e di testi che lasciano l'ascoltatore vigile; atmosfere cupe, ma assai meno dirompenti rispetto ai primi e molto meno diffusi - per testi - rispetto ai secondi. Ma il disco, specie per chi ama il genere o per chi ama le due band in cui milita l'artista canadese, non potrà non piacere.

Brano da Ascoltare: A Lamb in the Land of Payday Loans

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La piccola epoca oscura degli MGMT

MGMT - Little Dark Age [2018]

Viviamo nell'epoca in cui il pop è, un po' come negli anni '80, un gran calderone di mode, a metà tra una ripetizione di roba già sentita e qualche originale proposta. Quell'area del pop sostenuta dall'elettronica si è fatta largo, a profusione (e forse anche un po' troppo), ed ha trovato in Oracular Spectacular dei MGMT uno dei suoi album di punta, di stimolo e di riferimento per molte band. Se l'indietronica è arrivata in auge deve molto a questa band newyorkese ed ora il sodalizio composto da Andrew VanWyngarden e Benjamin Goldwasser torna con un album in cui ci si può mettere tutta quella cultura a cui tante band hanno attinto negli ultimi 10 anni e che si potrebbe sintetizzare da una parte con il Bowie di China Girl (certe sfumature di When You Die) e dall'altra con quell'attenzione per i suoni sintetici, riempiti da tastiere alquanto metalliche, che mettono insieme gli OMD con la ben più recente coppia formata da Kyle Dixon e Michael Stein (la OST di Stranger Things è opera loro). Il rimando all'epoca d'oro del pop non è neanche tanto velata, qualche passaggio convince di più, qualche altro meno: la band prosegue nel proprio personale viaggio evolutivo artistico; unico neo che si potrebbe imputare è un po' l'abbandono di atmosfere più psych, personali ed efficaci, che in passato hanno fatto il tratto simbolico e distintivo della band.

Brano da Ascoltare: Little Dark Age

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A scuola di elettronica

Panda Bear - A Day with the Homies [2018]

Non creda il lettore italiano, che sia venuto in contatto o conosca il "fenomeno" Cosmo, che questo tipo di esperienze si sviluppino o svolgano solo in Italia. Al contrario, ci sono luoghi si sperimenta questo tipo di comunicazione da parecchio tempo e che vedono in Noah Lennox uno dei massimi esponenti. L'anima europea degli Animal Collective (vive da parecchio tempo in Portogallo) torna, dopo l'esperienza di "...meets the Grim Reaper", con un nuovo lavoro fatto tutto di campioni, loop e fascinazioni dai mille mondi: elettronica, techno, cantato e una gran dose di psych con tutte le declinazioni del caso, rock e folk comprese. Se Cosmo guarda con fascinazione e strizza un po' l'occhiolino al mondo modaiolo del pop, riuscendo a catturare sia l'ascoltatore più attento sia quello che preferisce stare sulla superficie del coinvolgimento emotivo, Panda Bear fa un discorso diametralmente opposto, coinvolgendo l'interlocutore in un percorso molto più complesso e non per questo meno interessante, fatto di ritmi, suggestioni, cassa in quattro, più o meno battente, e tanto suono.

Brano da ascoltare: Shepard Tone

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Immediatezza e citazionismo dello (s)ballo

Django Django - Marble Skies [2018]

Alzi la mano chi ha voglia di ascoltarsi della musica decisamente contemporanea, voglia di muoversi e ballare, e che a questo aggiunga anche il gusto per quel revival anni '80 (con tanto di voce metallica e vocoder) che tanto è in voga?! Beh a chi ha risposto affermativamente alle 3 questioni non rimane che ascoltarsi il nuovo album dei Django Django. Immediatezza e citazionismo a ripetizione in un movimento sincopato dove è tanta la lezione di Madonna e dove si insegna a Madonna a fare ballare come faceva lei negli anni '80, si riprende la lezione dei campionamenti dei Chemical Brothers (i Beatles di Let Forever Be), e si porta all'esaltazione il lavoro più recente di band come Tame Impala in un flusso dove il coinvolgimento ritmico sta alla base della proposta musicale. Rispetto allo sfarzo del primo disco e al lavoro un po' incompiuto del secondo in questo album la band non si sta tanto a specchiarsi e pensa a badare al sodo; il singolo lanciato a ottobre Tic Tac Toe, lo descrive al meglio. Rasoiate protopunk, psychrock e tanta cassa in quattro per voglia di ballare come si faceva negli anni '50 con tante piroette e giravolte.

Brano da ascoltare: Champagne

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L'artimetico gioco di Bernard

B. Fleischmann - Stop Making Fans [2018]

Se l'elettronica dovesse essere tradotta in una materia scolastica non potrebbe che essere la matematica e allora per descrivere il nuovo album di Bernhard Fleischmann non ci sarebbe altro aggettivo se non quello di aritmetico: perchè uno più uno fa pur sempre 2. Gli ingredienti sono quelli, non si inventa (quasi) nulla, ma in questo turbinio di suoni e di sincopi di battute c'è spazio per dire un sacco di cose. La musica di Fleischamann (si fa chiamare con il suo cognome o accompagnandolo alla sola "B.") è un concentrato di minimalismo teutonico, accompagnato da un certo gusto per i giochi di suono e strumenti e per le melodie; se si pensa alle uscite di Welcome Tourist (2003) e the Humbucking Coil (2006) si ha la sensazione che gli anni passino, con essi le mode, e che la musica dell'artista viennese sia variata di (troppo) poco, ma al tempo stesso bisogna ammettere che nonostante questo piccolo neo, anche questo Stop Making Fans arriva, godibile, piacevole e ricco di fascino.

Brano da Ascoltare: It's Not Enough

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Il salvataggio dall'emergenza, parola di Moby

Moby - Everything was Beautiful, and Nothing Hurt [2018]

Era da un po' che chi scrive non si approcciava ad un album di Moby, un'icona del pop a cavallo tra i due millenni: all'epoca di Play i brani considerati davvero interessanti erano stati pochi (la striscia delle prime quattro tracce tra Honey e Why Does My Heart Feel So Bad?, del resto ben poco di attraente): alla fine si preferiva, per quello che era ballabile, Fat Boy Slim o Aphex Twin, mentre quando si cercavano le atmosfere più cupe e intime la musica di Portishead e Massive Attack. Ma in un periodo in cui di generi "nuovi" e di cose interessanti e nuove se ne ascoltano davvero poche, tornare un po' a Moby, può risultare un'esperienza assai gratificante. Anche perchè il disco è davvero molto bello, nonostante i limiti permangano, ancorchè attutiti. Questo nuovo lavoro, fatto per raccontare all'uomo una ricerca di salvataggio dall'emergenza in cui vive, rappresenta un ottimo rilancio: ci si muove a blocchi di tre brani per volta, come gradini, a stratificare un percorso segnato e segnante. E chi l'ha detto che con il tempo non si ha più niente da dire, anzi; per Moby si potrebbe dire l'esatto contrario.

Brano da ascoltare: Like a Motherless Child

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L'utopia di Re David

David Byrne - American Utopia [2018, Nonesuch]

Cosa può avere ancora da offrire alla musica pop un artista che ha oramai superato i 65 anni e che da più di 10 non compariva con un lavoro proprio e autonomo sul mercato musicale? Rappresenta un ritorno dettato da motivazioni commerciali o dal sacro fuoco artistico? Si potrebbe fare in tanti casi questo tipo di discorso, molti, non certo per una mente esplosiva e mai sazia come quella di David Byrne. Se per uno Sting l'esigenza di lasciare i Police fu dettata dalla ricerca di una propria cifra artistica, per David Byrne si potrebbe dire l'esatto opposto. Definire i Talking Heads una sua creatura sarebbe forse troppo riduttivo e ingiusto nei confronti degli altri componenti della band, ma di sicuro si può dire che il percorso artistico di "Re David" non si è distaccato molto da quanto fatto prima: una Testa Parlante lo era prima, e tale è rimasto. Anche oggi che da quell'epoca sono passati quasi quarant'anni o giù di lì. Almeno per chi scrive Byrne rappresenta dal punto di vista musicale, come sono stati Bowie e pochi altri, un artista a tutto tondo; Nick Cave può essere considerato un grandissimo autore, alla stregua di un Cohen o di un Dylan, Tom Waits uno stupendo performer, altri grandissimi musicisti, ma pochi, come Byrne, riescono a racchiudere tutte le declinazioni dell'essere artista: qualità vocali, di composizione, di performance, in live, nei testi. Se andiamo a cercare su qualunque vocabolario (o anche solo Wikipedia) cosa sia la definizione di Arte, si riuscirà a trovare la declinazione di un personaggio come Byrne. E là dove la comunicazione diventa messaggio estetico, Re David decide di parlare del suo paese di origine, di quello che ha rappresentato e di ciò che rappresenta oggi, raccontando i pregi e le virtù, ma anche i vizi capitali della più grande società globale che ad oggi troviamo e di quella che è anche la nostra, una umanità contaminata, pur ricca di ideali. Un modo insomma per trovare risposta a quelle domande che a fine '800 Paul Gauguin aveva sintetizzato nel titolo di una sua celeberrima opera: Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?

Brano da ascoltare: It's Not Dark up Here

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La lunga rinascita

Editors - Violence [2018]

Gli Editors quando spingono sui toni, accentuano ombre e colori, diversificano in modo molto marcato le ballate dai pezzi più tirati, generalmente riescono nell'ambizioso tentativo di dare qualcosa al proprio ascoltatore. Sicuramente qualcosa in più del passato recente (i due album precedenti); il percorso di crescita della band è sempre andato avanti ma ha assunto linee ben diverse dopo il 2009 (In This Light and on This Evening, album difficilmente ripetibile). Se quella degli anni zero pareva un'ascesa esponenziale, a seguire la sensazione avuta è stata di lieve imbarazzo nel trovare la strada giusta da percorrere. In questo nuovo album gli Editors trovano una rotta più definita e il disco fila abbastanza liscio, con alcuni parti interessanti - la politica Darkness at the Door e la successiva Nothingness in cui spicca la voce di Tom Smith. Un crescendo che tiene testa con la successiva Magazine e che esplode con la conslusiva traccia Belong a cui si aggiungono due "bonus track" come the Pulse e When We Were Angels, già presentate a più riprese nei live della band: il finale lascia l'acquolina in bocca, tiene l'ascoltatore appassionato a questo misto di sonorita di base rock in cui tutto si mescola bene e con la sensazione di un passo in avanti di una crescita positiva e di una lunga rinascita.

Brano da ascoltare: the Pulse

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La Revancha del Rock

Ty Segall - Freedom's Goblin [2018]

Una band che finalmente torna a fare rock, come dio comanda, il sano rock blues, con tutte le sfumature, ma senza alcun fronzolo. Un album essenziale, crudo, diretto. Trasuda gusto estetico e musicale, ci si sentono i Beatles, il rock anni '70 psichedelico e tanta voglia di riprendersi in mano un genere troppo "lasciato in mano" alle esperienze esteticamente perfette, ma ben poco arricchenti del garage post millennio marchiato the Strokes. Il disco scorre velocemente tra i brani più tirati e le ballate dove spicca la voce di Segall, autentico alfiere di questa "revancha" del rock.

Brano da ascoltare: Every 1's a Winner

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Il mare aperto di Nils

Nils Frahm - All Melody [2018]

È oramai assodato come i confini tra i generi siano particolarmente labili e come la commistione tra gli stessi sia particolarmente sviluppata. In questo enorme crossover talvolta ci sono elementi che, almeno a priori, un po' come gli ingredienti di una ricetta, è difficile immaginare che stiano bene insieme; poi in realtà uno va a gustare e il risultato finale è più che ottimo. Gli ingredienti in questo caso si chiamano musica contemporanea, jazz ed elettronica, lo chef ai fornelli invece porta il nome di Nils Frahm, trentacinquenne artista tedesco che oramai da qualche anno è riuscito a trovare l'attenzione da parte di un pubblico che non è ristretto a quello delle cerchie prettamente "classiche". Il mondo delle melodie di Frahm è l'atmosfera, il cielo, la sua infinità. Un'infinità liquida però, perché profonda come il mare.

Brano da ascoltare: Sunson

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