In sella alle MTB, dal Lago di Ginevra alla Costa Azzurra

L’intervista ai due carrucesi

Come tutte le idee migliori, anche questa nasce a tavola, mangiando e bevendo. Per la precisione durante una cena in quel di Monastero Vasco, ai Bertolini Soprani, preceduta da un bel giro in bici in notturna. «Perché non fare un tour delle Transalpes Vtt?». Oltre 800 chilometri, dal lago di Ginevra fino all’arrivo sulla Costa Azzurra, naturalmente tutto in mountain bike. Il progetto di un gruppo di appassionati carrucesi e monregalesi prende forma. E ora, cinque anni dopo, è realtà. La partenza nel “lontano” 2014: da “Saint Gingolph” in Svizzera, affacciato sul lago di Ginevra, fino a Chamonix in tre giorni di tratta. Poi ogni estate diventa una tradizione: un pezzetto di percorso fino ad arrivare alla destinazione finale a fine luglio 2018, sulle spiagge incantante di Saint-Raphael. Abbiamo incontrato due di loro, Filippo Milani e Stefano Bracco – gli unici “irriducibili” che hanno partecipato tutti gli anni – poco dopo il ritorno a casa, che ha sancito la fine della loro impresa.

Sulle montagne della Svizzera fino in Francia in bici: perché avete scelto proprio questo percorso?
Parte tutto da un libro, “Transalpes VTT” di Eric Bérioux, che illustra l’itinerario spettacolare dal lago Leman fino al mar Mediterraneo. L’idea è nata dall’amico Alberto, uno degli otto, abbiamo cercato il libro e ci siamo detti: facciamolo! È un percorso con discese fantastiche, ma anche qui da noi ci sono bellezze paesaggistiche di pari livello. La bici ti permette di coprire distanze che a piedi sarebbero impensabili. In totale abbiamo affrontato 28.320 metri di dislivello positivo e ben 28.750 di dislivello negativo. Contiamo anche che la percorrenza (circa un buon 80%) è avvenuta tutta su sterrato e sentieri ardui di montagna, raggiungendo il picco massimo sul “Col Blanchet”, a quota 2.897 metri.

È sempre filato tutto liscio?
Tutto sommato sì… anche se il percorso è impegnativo. Ci sono tratti dove nevica pesante, poi poche ore dopo sbuchi sotto il sole al caldo. Uno dei problemi, specialmente durante il secondo anno, è stata la nebbia: non si vedeva nulla e non riuscivamo neanche a sentirci l’uno con l’altro. Poi inevitabili le cadute e le forature, però nessuna con conseguenze gravi. La parte più faticosa è il cosiddetto “portage”: quando ti devi caricare le bici in spalla e fartela a piedi (anche per parecchio tempo) nelle zone più impervie.
Abbiamo usato un’app apposita per smartphone così potevamo orientarci col Gps. Sarebbe stato praticamente impossibile senza, anche perché si transita in posti dove anche i sentieri non sono ben definiti. In mezzo ci sono tante avventure da raccontare. Una volta non abbiamo letto un cartello che avvisava i viandanti di non entrare per la presenza di un toro pericoloso e quando ci siamo trovati l’animale davanti non è stato proprio simpatico, ma abbiamo aggirato l’ostacolo. Un altro anno siamo finiti in una zona riservata alla caccia al cervo: i cacciatori sparavano a più di un chilometro di distanza e meno male che non avevamo gli zaini color marrone pelle…

La giornata tipo come era organizzata?
Facciamo affidamento sui rifugi di montagna per la notte. Generalmente partiamo alle 8 di mattina e ci fermiamo tra le 17 fino alle 19, nelle tappe più lunghe. Di più sarebbe impensabile. Poi naturalmente ci sono le pause in mezzo. Nello zaino, bello pesante, c’è tutto il necessario: camere d’aria in caso di foratura, barrette energetiche, integratori, un bel po’ di paninetti per pranzo e tre borracce d’acqua, che a volte sono poche perché magari in certi posti per ore non trovi una goccia d’acqua.

Con chi siete partiti all’inizio?
Nel 2014 eravamo appunto in otto: Marco, Sara, Gabriele, Andrea, Alberto e Massimo, oltre a noi due. Qualcuno con la bici elettrica, qualcuno con quella normale. La tradizione prevede la partenza da Carrù, piazza Mercato, noleggiando un pullmino che poi ci viene anche a riprendere all’arrivo. E per cinque anni l’autista è sempre stato lo stesso, per cui possiamo considerarlo ormai uno di noi. Durante il giorno poi in media abbiam percorso dai 30 ai 50 chilometri, anche se per l’ultima tappa siamo arrivati a farne ben 85.

Qualche consiglio per chi vuole tentare un’avventura del genere? E poi ora che si fa?... Tornate in sella?
Per noi che amiamo bici e montagna è fantastico, lo consiglio molto. Ovvio si fatica tanto e bisogna essere allenati, ma merita veramente. Tornavamo la sera sempre affamati come bestie, ma è stato tutto bellissimo. Bisogna partire attrezzati, allenarsi un po’ durante l’anno e avere tanta passione. La prossima estate proveremo sicuramente qualche altra tratta, magari qui dalle nostre parti.

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