Movietellers: Narrazioni cinematografiche

La rassegna Slow&Low per la diffusione del cinema realizzato in Piemonte è sbarcata a Mondovì. Un ciclo di quattro proiezioni promosse dal progetto Piemonte Cinema Network.

Mercoledì scorso al cinema Baretti di Mondovì è andato in scena Movietellers: l’evento che collega le realtà del cinema in Piemonte, con una serie di appuntamenti diffusi nel territorio, allo scopo sia di promuovere le produzioni e i film realizzati nella regione, sia di contribuire alla valorizzazione delle sale cinematografiche, in un momento di generale difficoltà. Una rassegna slow come si usa dire spesso oggi, che si propone di dimostrare come la qualità si possa trovare dietro l’angolo. Un ciclo di proiezioni che comprende in totale 12 pellicole, suddivise in 4 lungometraggi, 4 documentari e 4 cortometraggi, intelligentemente distribuiti nel modo più capillare possibile, con la volontà di creare un interscambio di prodotti tra le diverse zone della regione. Ecco così che il film di Alice Filippi “’78 va piano ma vinci”, che noi già ben conosciamo, verrà proiettato in altre località che non hanno ancora avuto modo di visionarlo, mentre da noi sono arrivati un lungometraggio, un documentario e due corti inediti dalle nostre parti.

Si comincia con “Framed” di Marco Jemolo: un cortometraggio animato dai toni decisamente noir, in cui il personaggio protagonista è un omino di plastilina, in possesso però di una profonda coscienza. Durante un interrogatorio invoca il suo posto nel mondo e la libertà di poter scegliere per proprio conto, ben consapevole di quello che è, si scontrerà con l’impossibilità di uscire dal suo ruolo. Una riflessione sociale sulla condizione dell’uomo che passa attraverso il “bambino vero” di Collodi.

E’ poi il turno di “Happy Winter”: il docufilm diretto dal giovane regista Giovanni Totaro, che ambienta sulla spiaggia di Mondello in Sicilia un’allegoria della società italiana in questi anni di crisi economica. Una crisi che non scoraggia le famiglie, che piuttosto di rinunciare alla vacanza in spiaggia si indebitano per accaparrarsi una tra le mille cabine a disposizione per la stagione. Un panorama umano che possiamo osservare ogni estate, tra il barista che lavora in nero a più non posso per poter superare l’inverno, all’aspirante politico che organizza la campagna elettorale tra gli ombrelloni, fino al gruppo di donne mature che si abbronzano per apparire più giovani, e le partite della nazionale di calcio guardate nei bar della spiaggia. Il quotidiano portato in vacanza, e la bolla che dovrebbe isolare dalla società né diviene ben presto lo specchio, invasa dall’esternazione di quella vanità rappresentante un benessere ormai al tramonto. Il regista entra in maniera poco invasiva all’interno di questo spaccato d’Italia raccontando il reale in maniera non didascalica e completamente naturale, selezionando le storie più vicine alla condizione sociale attuale del paese. Presenti in sala a interagire col pubblico i produttori del lavoro, che hanno spiegato quanto fosse importante in un lavoro del genere non interferire sulle storie, e di come esse siano state selezionate con cura in lavoro lunghissimo di montaggio. Una fatica premiata con le proiezioni al Festival del Cinema di Venezia.

Dopo una pausa, ovviamente Slow Food, la seconda parte dell’evento viene aperta dal corto ”Il racconto della Stura”, datato 1955 e diretto da Ermanno Olmi per conto della Edison. Un omaggio al grande maestro scomparso di recente,  che nel periodo tra il 1953 e il 1961 ha realizzato una serie di cortometraggi in cui ha raccontato “Il miracolo italiano”, tra di essi appunto la realizzazione della diga sul fiume Stura.

Infine il lungometraggio di Riccardo Jacopino “Al massimo ribasso”: il tema spinoso delle gare d’appalto pubbliche al ribasso, affrontato in maniera decisamente alternativa. La storia di Diego: uomo misterioso che vive in mezzo agli ultimi, assoldato per via delle sue capacità, da imprenditori legati alla mafia e alla malavita, allo scopo di carpire i segreti nelle gare d’appalto. Un animo sensibile in netto contrasto con la sua attività, un legame contorto racchiuso all’interno di un grande segreto, che dovrà fare i conti con l’amore e la ricerca di una qualche redenzione. Molto facile pensare quando si parla di bandi di concorso pubblico e rapporti tra industrie, che siano degli argomenti noiosi e difficili da trattare al cinema, se non in una pellicola di inchiesta, ma il film di Jacopino ci dimostra che invece è possibile, realizzando un lavoro che si muove abilmente tra fantasy e sentimento all’interno dell’oscuro e corrotto mondo dell’appalto pubblico al ribasso. Un’opera di finzione girata in una Torino intuita, città di industria e mistero all’unisono, questi due elementi sono tra i cardini della vicenda, che ha la dote migliore nel trattare un tema tanto difficile con una trama coinvolgente, sensibilizzando e rapendo lo spettatore, tra mistero e riflessione.

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