di VALENTINA COLONNA
Sicuramente una tra le voci più forti, limpide e affermate della poesia contemporanea italiana, Fabio Pusterla (1957) vive tra Lugano e la Valsolda e insegna letteratura italiana presso il Liceo di Lugano e l’Università della Svizzera italiana. Collabora a giornali e riviste in Italia, in Svizzera e in Francia e dirige la collana poetica "Le Ali" di Marcos y Marcos. Attivo come saggista e traduttore (ricordiamo le sue traduzioni magistrali di Jacottet), è autore di sette principali raccolte poetiche parzialmente riassunte nell’antologia Le terre emerse. Poesie 1985-2008, Einaudi, 2009. Variazioni sulla cenere, edito da Amos edizioni, è uscito nel 2017 ed è da poco uscito il suo nuovo libro Cenere o terra per Marcos y Marcos, che include anche testi dalla plaquette precedente.
Cenere, o terra: mite
alto fusto di platano
si staglia sul cemento che rinserra.
L’hai seguito come guardandoti allo specchio:
fuga di verdi, un’ombra di cinigia,
poi giallo cupo, nudo ramo e secco.
Ora piccoli bozzoli puntuti
splendono quasi neri sopra il grigio.
Stelle di cenere, o terra. Giorni muti.
**
Notteri, un volo di braci
e sulle rive cenere, o terra
oleosa. Sonnecchiano navi alla fonda,
gli scogli non conoscono pace.
Ma dentro i cieli passano le frecce
rosate o si posano sull’acqua
di laguna. Sotto le torri di guardia e i tralicci
vegliano. Dove l’arco che le sferra?
**
Festa di gialli, tra mimose e finestre
e bocche di leone sparse a macchia nei prati
distesi. È una landa sterminata di colore
e in fondo il turchino del mare. Solo il colubro
che guizza e si rintana tra le rocce e le forre
parla di grigio, e la cornacchia ha le ali di cenere,
o terra che qui ti chiudi e ti accendi
in un’ultima vampa e scoscendi.
Più a ovest solo acqua, e lontana una sbarra
di bronzo che chiude il pensiero, basso fronte
di nubi. L’isola degli sparvieri
termina a capo Sandalo.
**
Brasé, radura morbida, felceto.
Luogo dove i sentieri si incontrano e si lasciano:
verso l’alto dei monti selvaggi, verso il basso dell’acqua
che canta nei boschi scoscesi.
Margine estremo del fuoco.
Cenere persa nell’aria
e terra dolce. Voce
del vento che muove le fronde, discreto.
(da Variazioni sulla cenere, Amos, 2017)
Che cos’è per te la musica della poesia?
È un punto di incontro di vari elementi. Baudelaire nella prefazione ai Fleurs du mal parla della “rhétorique profonde”, arrivando così a parlare della profondità del linguaggio con i suoi aspetti ritmici, fonici, sintattici e semantici, tutti aspetti che concorrono alla resa finale. Viene così a essere toccata la musicalità della poesia, che sostanzialmente si esprime nella forma ritmica. Negli ultimi quarant’anni si sono poi sviluppate diverse teorie e, in particolare, il teorico francese Henri Meschonnic ha dedicato molto spazio, oltre che alla traduzione, al ritmo. La traduzione ha nella sua radice il concetto di "traghettatore": la traduzione difatti, se fatta solo di significato, è fatta di tessuto morto. Se invece "traghettiamo" la forza vitale di quel testo, ci si imbatte anche nel suo ritmo e ci si rende conto che questo non è dunque più solo un alternarsi di elementi forti e deboli, che nei secoli hanno indossato regole metriche diverse. Esiste un ritmo enunciativo che si attiva ogni volta che una lettura incontra la poesia e diventa vivo: caratteristiche profonde del testo, del lettore ed esecuzione personale danno vita a questo ritmo. Il ritmo è dunque tutto questo, è anche sintassi e anche l’intonazione della sintassi.
Vivi in Svizzera e parli abitualmente, oltre all’italiano, anche il tedesco e il francese. Che rapporto hai con le altre lingue?
La Svizzera italiana è la parte più debole economicamente della Svizzera: è fondamentale imparare altre lingue. Apprenderle rappresenta un veicolo culturale e un mezzo di comunicazione spicciola. Ho letto presto, sin da bambino, autori francesi in lingua originale e, successivamente, l’esperienza della traduzione è stata per me molto utile. Sono sempre a contatto con le altre lingue: tuttavia, non credo avrei una finezza ritmica per tradurre dall’italiano al francese. A livello ritmico nessun testo è traducibile alla lettera: entrare nelle maglie di un’altra lingua mi ha aiutato a vedere altre sfumature in italiano e usare così le potenzialità della mia lingua materna.
La lettura (ad alta voce) del testo poetico: qual è secondo te il rapporto della voce col testo e come consideri il tuo “modo” di leggere?
Ora saprei rispondere in un modo diverso da venti, trent’anni fa. L’insegnamento ha costituito un elemento importante con la lettura ad alta voce: o lo fai bene o susciti il disinteresse nei ragazzi. Così ho imparato a usare la voce: per quanto timido e impacciato, ora non ho timore a leggere in pubblico. Prima invece mi vergognavo e temevo di “darmi delle arie” leggendo in pubblico: oggi mi concedo invece di usare l’intonazione e mi sento interprete. Mi piace leggere ad alta voce: non lo faccio in modo marziale. La voce diventa dunque strumento, come per gli attori e i cantanti.
Che rapporto hai con le altre arti?
Sono stato vicino sia alle arti grafiche che al mondo della musica. È bello costruire insieme: il dialogo è fondamentale per costruire qualcosa insieme e determina creazioni spesso interessanti, anche se non sempre è possibile. Mio figlio canta e suona la chitarra in un un gruppo: chissà che non si faccia insieme qualcosa anche con la poesia...