Magia senza magia: Animali Fantastici – I crimini di Grindelwald

L’incubo dei totalitarismi e il ritorno ad Hogwarts, al centro di una pellicola schiacciata dall’abuso di effetti speciali, e dall’iperbole del potenziale magico in campo.

TRAMA

Anno 1927, durante il trasferimento da New York a Londra il potente e malvagio mago Gellert Grindelwald riesce a fuggire dalla sua prigionia. Tre mesi dopo Newt Scamander ottiene dal Ministero della Magia la restituzione al diritto ai viaggi internazionali, a patto di collaborare alla ricerca dell’ultimo mago purosangue: Credence Barebone, ricomparso a Parigi. Anche Grindelwald si trova Parigi con i suoi scagnozzi, impegnato nella formazione di un movimento rivoluzionario, con lo scopo di instaurare la supremazia del mondo magico su quello non magico, eliminando quest’ultimo.

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Chi è cresciuto a cavallo degli anni duemila è stato inevitabilmente risucchiato dal tornado Harry Potter: la saga ideata dalla scrittrice britannica J.K. Rowling contende al Signore degli Anelli il primato come fenomeno fantasy d’inizio millennio. Entrambe devastanti per popolarità e seguito, hanno influenzato permanentemente il genere, soprattutto al cinema, ma non solo, divenendo un fenomeno culturale a livello globale. Il mercato ha annusato l’affare, e appena posta la parola fine all’ultimo lungometraggio, la macchina produttiva si è subito rimessa in moto, generando la trilogia de “Lo Hobbit”, dall’universo di Tolkien, e Animali Fantastici da quello della Rowling. Successo al botteghino assicurato per ambedue, ma il confronto coi fratelli maggiori inevitabile. Ad uscirne più malconcio è Peter Jackson, il suo ritorno nella terra di mezzo dilata agli estremi una vicenda che poteva essere racchiusa in un solo capitolo, invece dei tre totali; meglio lo spin-off su Harry Potter “Animali Fantastici e dove trovarli”, che ci riporta alle atmosfere tanto amate, con nuova linfa e freschezza, inserendo l’avventura nel contesto storico arricchendola con una dose di mistero.  I presupposti per una continuazione felice con i nuovi titoli c’erano tutti, ma forse la voglia di strafare e di soddisfare le aspettative ha strozzato il potenziale di questo nuovo capitolo, che nelle intenzioni doveva svoltare verso una maggiore maturità e cupezza, creando agganci col tessuto storico reale, per poi collegarci con la saga originale. Ma se soggetto e scrittura rimangono ottimi, qualcosa manca nel suo adattamento al linguaggio cinematografico, la vicenda è troppo ricca di elementi, farraginosa e stancante da seguire, inoltre priva di quell’elemento che né doveva essere la prerogativa, la magia. Inserire il fantasy in un contesto storico, per giunta tra due conflitti mondiali, non è semplice, ma svariati autori recentemente hanno dimostrato che si può fare. Questa pellicola sembra però subire l’influenza di alcuni aspetti negativi di seppur buoni blockbuster recenti: lotta di classe e movimenti rivoluzionari già visti in Hunger Games, animali somiglianti ai pupazzetti utili al merchandising di Star Wars, e un utilizzo smisurato della magia, che trasforma i maghetti in supereroi Marvel, sono pericolosi strappi alla regola per uno stile che non ha bisogno di essere intaccato.

Troppa magia toglie magia: scontri a suon di formule magiche e bacchette, un tempo pezzo forte della casa per il loro portarci un mondo fiabesco, adesso bussano ideologicamente al supergruppo degli Avengers, l’iperbole della battaglie degne di un Ragnarok illustrano un potenziale magico  illimitato,incapace però di affascinarci, non aiutato in questo dall’utilizzo eccessivo di tecniche digitali. Realizzato in piena Brexit, la pellicola ne subisce le influenze, il desiderio di autarchia che serpeggia nell’attualità, spinge l’orologio indietro di quasi un secolo, all’epoca dei totalitarismi che hanno scosso l’Europa. Il timore che il disfarsi di una società unitaria, progressista e pacifica porti al ritorno di quell’incubo è forte, e vede la sua rappresentazione nella finzione in Grindelwald. Pronto a creare un movimento di massa che segue i miti della supremazia razziale, usando una comunicazione persuasiva ben studiata, che vede la creazione di un nemico comune, e di capri espiatori contro cui scagliarsi; gettati in pasto ad una manipolata capacità di giudizio delle masse, che vedono così alimentata e giustificata la loro fame di rivalsa. Un germe pronto ad esplodere, che nel suo accostamento al nazifascismo si tramuta nel telo che Grindelwald utilizza per cercare seguaci, e che copre gli edifici parigini. La sua funzione metaforica ci riporta al rastrellamento, alla persecuzione e alla deportazione sua diretta conseguenza, e J. K. Rowling sembra volerci avvertire di questi possibili scenari futuri.

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