La teoria della razza

Nell’Europa della fine dell’Ottocento, l’esasperata esaltazione del nazionalismo provocò una profonda avversione nei confronti delle minoranze etniche e religiose e di coloro che erano considerati diversi: in particolare, gli immigrati e le popolazioni delle colonie finirono al centro di una campagna di intolleranza, disprezzo e odio.

Che cos’è.

Nell’Europa della fine dell’Ottocento, l’esasperata esaltazione del nazionalismo provocò una profonda avversione nei confronti delle minoranze etniche e religiose e di coloro che erano considerati diversi: in particolare, gli immigrati e le popolazioni delle colonie finirono al centro di una campagna di intolleranza, disprezzo e odio.

Il concetto di razzismo era basato sulla considerazione pseudoscientifica secondo la quale esistono razze umane biologicamente e storicamente superiori rispetto ad altre. Fin dai tempi antichi, molti popoli esclusero o discriminarono quelli diversi per una superiorità linguistica, culturale, religiosa: i Greci e i Romani definivano “barbari” i popoli che non parlavano la loro lingua; oppure l’Europa cristiana perseguitò e ghettizzò gli Ebrei, considerati colpevoli dell’uccisione di Cristo. Tuttavia, non vi era dietro queste considerazioni alcun postulato biologico o “scientifico”. Nel corso del Cinquecento e del Seicento, come conseguenza delle scoperte geografiche, iniziarono a svilupparsi alcune teorie che spiegavano la diversità dei caratteri fisici in ambito biologico. Nel 1800, queste teorie divennero più forti e aggressive poiché furono considerate utili dagli Stati nazione europei per giustificare la nuova ondata dell’imperialismo coloniale: i popoli privi di conoscenze tecniche e scientifiche, definiti “selvaggi” o “primitivi”, furono considerati appartenenti a razze inferiori. Per questo motivo, i popoli europei, espressione delle razze superiori, avevano il diritto di sottometterli e governarli. Era compito dei popoli europei civilizzare, anche con la violenza, le numerose popolazioni che abitavano le terre africane e asiatiche.
Quando nasce. In Europa, l’idea di “rigenerazione” nasce con la Rivoluzione francese e trova vigore nel Positivismo, sostenitore dell’esistenza di uno sviluppo evoluzionistico della civiltà. Le idee razziste si diffusero dopo la pubblicazione de l’Essai sur l’inégalité des races humaines di J.-A. de Gobineau (1853-1855), che affermava la superiorità biologica e spirituale della razza ariana germanica e del Die Grundlagen des neunzehnten Jahrhunderts di H. S. Chamberlain (1899) che sosteneva l’esistenza di una lotta tra ariani nobili ed ebrei ignobili. Nella sua opera leggiamo frasi come «in Germania risiede il più forte nucleo germanico continuatore degli ariani» e si affermava l’assurda idea che esistesse un’«aspirazione ebraica al dominio mondiale, impedire il quale e contrapporvi la restaurazione di una gerarchia razziale universale è il compito degli ariano-germanici». La pubblicazione dell’opera rese subito famoso Chamberlain in Germania. Il Kaiser Guglielmo II divenne amico dello scrittore e gli conferì la Croce di Ferro dopo che questi era stato naturalizzato cittadino tedesco nel 1916. Durante il Terzo Reich, i nazisti adottarono le teorie di Chamberlain sulla superiorità della razza germanica. Nel 1923, Adolf Hitler incontrò Chamberlain a Bayreuth e quest’ultimo si iscrisse al partito nazista. Quando Chamberlain morì, l’11 gennaio 1927, Hitler partecipò al suo funerale.
L’antiebraismo religioso si era trasformato in antisemitismo razzista in gran parte dell’Europa. Le stesse teorie evoluzionistiche di Charles Darwin furono utilizzate per spiegare e sostenere le tesi del razzismo, poiché l’imperialismo era la dimostrazione della superiorità della razza bianca. Non si dimentichi che negli Stati Uniti, nonostante la schiavitù fosse stata abolita nel 1865, soltanto nel 1964 furono vietate le leggi discriminatorie.
In Italia. Anche in Italia le teorie sulla razza si diffusero in particolare durante le campagne coloniali dell’inizio del Novecento. L’arrivo del fascismo portò questo fenomeno alle estreme conseguenze, in particolare con la guerra in Etiopia (1935-1936).

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