LA RUBRICA CHE ABBAIA / Il mito di un cane che divenne costellazione

In collaborazione con GEA

Non è una mera espressione culturale tipica del mondo arcaico, una banale fantasticheria dell’epoca primitiva da relegare a un passato che non ci appartiene più. I miti rappresentano degli archetipi universali dello spirito umano, un sapere frutto della memoria di un popolo. Non sono solo un racconto che spiega l’origine delle cose e della vita, ma molto di più: “Il mito […]consiste nel rivelare dei modelli e nel fornire così un significato al Mondo e all’esistenza umana. […] Raccontando come le cose sono state fatte, i miti svelano per chi e perché sono state fatte e in quale circostanza” (Mircea Eliade - Mito e Realtà)

Ma perché questa premessa in una rubrica per cani? Perché esiste un bel mito che parla proprio dei nostri amici a quattro zampe. È il mito di Icario, Erigone e Mera che spero possa entrare nei vostri cuori, come lo è entrato nei nostri.

In Attica viveva un ricco ateniese di nome Icario che aveva una bellissima figlia, Erigone, e una cagnolina, Mera, da lei allevata sin da cucciola. Un giorno il dio Dioniso discese ad Atene e fu ospitato da Icario nella sua casa. Il dio, riconoscente, consegnò all’ateniese un otre di vino, la vite e l’uva allo scopo di insegnare agli uomini in quale modo coltivarlo e cosa produrre da esso. Icario, su richiesta di Dioniso, si recò con Mera in giro per la terra portando con sé l’otre di vino da far assaggiare ai suoi vicini. Giunto presso dei pastori offrì loro il vino: alcuni bevvero senza misura e con ingordigia cadendo ubriachi in un sonno profondo. Gli altri vedendo i pastori ubriachi a terra inermi e farfuglianti strane parole credettero che Icario li avesse avvelenati e quindi lo uccisero a bastonate (o a sassate) lasciandolo lì con il suo cane. Mera, distrutta per la morte del padrone, corse da Erigone e con un ululato disperato che sembrava un pianto l’avvisò dell’accaduto e, afferrandole fra i denti le vesti, la trascinò verso il cadavere del padre. La figlia annientata dal dolore e senza speranze si impiccò ad un albero. La povera Mera, ormai rimasta da sola, si accucciò ai suoi piedi lasciandosi morire di fame. Dioniso, mosso a pietà per questa tragica storia, pose le loro immagini fra le stelle: Icario divenne Boote, Erigone la Vergine e Mera, che era stata così fedele, divenne la costellazione del Cane Minore. La stella più luminosa è Procione che in greco significa “prima del cane” poiché sorge prima della costellazione del Cane Maggiore e della stella Sirio, la più brillante di tutto il firmamento. Ma questa è un’altra storia e se ne parlerà.
Per GEA, Stefania Labruzzo

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