«Sono stati dieci anni di impegno artistico vissuti in un paese dove troppo poco viene pensato ed organizzato per stimolare l’espressività, farne crescere la possibilità comunicativa e soprattutto dove nessuno di coloro che arriva al potere decisionale è mai stato in grado anche solo di percepire la potenzialità culturale ed economica che l’industria musicale è in grado di offrire. Mi riferisco alla musica solo in quanto direttamente coinvolto, ma vorrei estendere la cosa a molte altre forme d’arte. Dieci anni si possono riassumere in un lungo periodo di sacrifici, impegni, risultati. Il tutto racchiuso in un cerchio di “indifferenza collettiva”. Il male del nostro tempo. Pare un insulto pubblico, invece è un disagio che colpisce tutti in quanto coinvolti in un sistema sociale che è meticolosamente riuscito a demonizzare e sminuire il valore dell’espressività umana nell’obiettivo di mantenerne il controllo in mano a sempre meno elementi gestionali. Passione, arte e business stanno insieme in un funzionale gioco di figure, ciascuna fondamentale ed indispensabile per la crescita di un movimento. Questo era quanto da adolescenti imparavamo, nell’avvicinarsi al mondo dell’arte, dello spettacolo, dell’espressione. Un anello che nel suo roteare creava sogni, amori, desideri, soddisfazioni, stimolava immaginazione, energia vitale, gioia e spirito nel sacrificio. Coinvolgeva artisti ma anche appassionati e persone che, nell'animo collaborativo, mettevano il proprio impegno manageriale. Un artista crea, un locale rappresenta, un editore promuove, un fan supporta, la magia nasce ed il cerchio si chiude e prosegue dando vita ad un movimento. Ma oggi tutto ciò è inceppato. Non manca nulla: le bands si rinnovano, i clubs esistono, l’attenzione del pubblico è disposta come allora. Manca il movimento. Quello che fa muovere le persone (lo dice la parola stessa), le sposta, le mette in connessione, le obbliga a condividere ed esprimersi, le coinvolge in passione. La mancanza del movimento genera indifferenza, che è lenta, subdola, contagiosa e soffocante. Così il tempo trascorre e la scena artistica anno dopo anno decade lentamente; è importante la lentezza in quanto rende tutto più accettabile. Nel raccogliere dati di un decennio trascorso, quindi, ecco spuntare i lamenti di insofferenza ed insoddisfazione. Quasi una nenia, a volte asfissiante, cui nessuno pare sappia trovare soluzione. Non sono nostalgico di natura: amo guardare avanti e considero il passato solamente come un prezioso bagaglio di esperienza. Nulla a che vedere con lacrime di “amarcord”. Non voglio neppure, in tal senso, affrontare le colpe della valanga tecnologica che ci ha travolto in questo decennio, bensì esterno un'immagine generazionale pronta allo stimolo di una nuova coinvolgente onda comunicativa, spinta dalla forza immensa del pensiero dell’uomo. Vedo tutto ciò inevitabile e vivo nell’idea che gli artisti emergenti sapranno scavalcare le barriere dell’indifferenza collettiva, restituendo la doverosa dignità a quel meraviglioso fenomeno che permette ad una scintilla creativa di generale un movimento popolare».
#isolanontrovata/«Il male è l’indifferenza collettiva»
L'opinione di Paride Lanciani, tecnico del suono degli Oxygen Recording Studios