Oggi la scomparsa di Andrea Camilleri, sia pure alla veneranda età di 93 anni, lascia un vuoto nella cultura italiana. L'autore siciliano aveva infatti saputo divenire nel tempo una figura in grado di coniugare cultura alta e cultura di massa, il "nazionalpopolare" che avrebbe voluto Gramsci: in grado di parlare a una nazione senza parlare solo alla sua pancia.
Il successo gli arride tardi, con la creazione del commissario Salvo Montalbano per un primo giallo, "La forma dell'acqua", che vede la luce nel 1994. Nato nel 1925 a Porto Empedocle, Camilleri aveva studiato nell'Accademia d'arte Drammatica con Silvio D'Amico (1948-1950), dirigendo poi numerosi drammi teatrali, specie di Pirandello (con cui vantava una lontana amicizia della sua famiglia). Un primo avvicinamento al popolare era avvenuto lavorando come delegato di produzione agli adattamenti RAI (1964) dei romanzi di Maigret di Georges Simenon, resi celebri dall'interpretazione di Gino Cervi.
Il nome del suo personaggio cita però Manuel Vazquez Montalban, scrittore spagnolo amico di Camilleri, che nel 1972 aveva creato la figura dell'investigatore Pepe Carvalho, che con Montalbano ha possibili punti di contatto. Il punto di forza di Camilleri è la particolarissima soluzione linguistica adottata, con l'inserimento di termini dialettali siciliani all'interno, però, di un testo italiano che ne facilita la comprensione anche al di fuori della regione, mantenendo al contempo il "colore locale". Una tecnica che ricorda alcuni racconti di Verga, che tuttavia italianizzava maggiormente il testo, inserendo però con abbondanza espressioni tipiche, proverbi e modi di dire. Altro amico e modello importante fu Leonardo Sciascia, che nel 1961, con "Il giorno della civetta", aveva avviato la stagione del giallo italiano moderno. In Sciascia vi è tuttavia una più netta critica del fenomeno mafioso, che in Camilleri non viene invece mai affrontato veramente: è parte del paesaggio della sua Sicilia.
Il "fenomeno Montalbano" esplode, Camilleri diviene un raffinato e ironico Maître à penser per la sinistra italiana sperduta nell'era berlusconiana. Quando il suo "Il birraio di Preston" (1995) inizia ad essere adottato nel biennio delle superiori al posto del Manzoni è lo stesso Camilleri a dover intervenire, con un beffardo editoriale, per scusarsi con l'autore lombardo e defilarsi da un eccessivo culto letterario della sua personalità (qui il pezzo, gustosissimo). Ottenuto il successo, le sue numerose divagazioni extra-Montalbano si collegheranno comunque spesso alla cittadina immaginaria di Vigata, riflesso della sua Sicilia e ormai luogo dell'immaginario collettivo italiano.
Il passaggio definitivo da cult letterario a culto di massa viene però con l'adattamento televisivo, del 1999: merito anche di Luca Zingaretti, fratello dell'attuale segretario PD Nicola e magistrale interprete del Commissario (che nei romanzi appare fisicamente piuttosto diverso), coadiuvato da un ottimo cast di comprimari.
E col successo televisivo riprese la consacrazione. L'uscita di un Meridiano dedicato a Camilleri, nel 2002, fece storcere il naso a più di un esponente della critica accademica e paludata, ritenendo eccessiva tale consacrazione. Presso di noi, Camilleri vincerà invece il Premio Cesare Pavese nel 2009, con "La danza del gabbiano".
Ma continuano anche le collaborazioni più pop, con Daniele Silvestri, per una comparsata nel suo album "S.C.O.T.C.H." (2011) o con l'inserimento di Montalbano nel canone Disney, tramite il personaggio ricorrente del commissario Topalbano (creato da Artibani e Cavazzano), occasionale collaboratore di Topolino, dal 2013 in poi.
Ora, dopo la conclusione della sua esperienza terrena, vedrà la luce, postumo, anche l'ultimo romanzo del suo detective, con cui si chiuderanno anche le avventure di Montalbano. E, come direbbe il Manzoni che, controvoglia, Camilleri era giunto a sfidare, vedremo se la sua "fu vera gloria", durando nel tempo. Come al solito, ai posteri l'ardua sentenza.