Se il futuro per un artista é in divenire, quello di Roncea non può che essere Presente, come il titolo dell'album, uscito in questo 2019. Nicolas è un ragazzo di 32 anni che, nonostante un'età ancora giovane, per la poliedricità musicale ed un percorso denso.
Dopo una militanza nel postpunk con i FUH - Dancing Judas (2009) è ancora oggi un discone! - e nella sua "derivazione" math de Io Monade Stanca, ha proseguito il suo percorso con l'esperienza da solista (prima con il nome per esteso e successivamente con il solo cognome) dove cantautorato, folk e rock - spesso in una versione low-fi - si prendono a braccetto tra rievocazioni grunge e ultime declinazioni indie-folk (qui la recensione del progetto con the Money Tree). Roncea vanta numerose collaborazioni con artisti importanti e di peso come Carmelo Pipitone (chitarrista di Marta sui Tubi e Dunk), Gigi Giancursi (ex chitarrista e paroliere dei Perturbazione) e con Luca Ferrari (Verdena).
Oggi, superati i 30 anni, Roncea ha abbandonato il songwriting in lingua inglese e abbracciato la scelta di scrivere e cantare in italiano, una sorta di nuova vita ecco perchè la recensione ve la proponiamo doppia.
Il Presente di chi non ha mai ascoltato Roncea
Roncea è un artista che attraversa il pop come spesso gli autori “indie” fanno, con l'intenzione di suonare canzoni che restino nell'immaginario collettivo non solo per essere cantate, ma soprattutto per essere scoperte. Il suo Presente è un disco che cresce poco a poco: ad un primo ascolto può sembrare qualcosa di già sentito (Bianco), ma di cui poco a poco si percepiscono le sfumature, le scelte degli arrangiamenti, i controcanti di Giulia Provenzano, le chitarre suonate a più riprese. La parte centrale è sicuramente la più densa, c'è il rock, ma anche tanto cantautorato, belle linee melodiche, interessanti alcuni arrangiamenti (un'eco di Radical Face) e le idee sui brani. I brani consigliati sono quelli centrali: Muro, Tapis Rulant e La Mia Mano.
Presente per chi conosce Roncea
Per chi ha seguito le evoluzioni artistiche di questo cantautore canalese un disco in italiano potrebbe sembrare un passo azzardato. Un po' come i grandi artisti il “nostro” non può passare da una lingua all'altra - o da un genere all'altro - con un balzo troppo repentino, che risulterebbe difficile da comprendere per i fan della prima ora. Quanto mai sbagliato e quanto mai eccessiva come critica: lasciamo alle persone la possibilità di esprimersi facendolo nella lingua che più si preferisce e con le modalità che si prediligono.
"Perdersi" racconta la dimensione intima
Roncea passa da quella dimensione a cui ci si era abituati ascoltare ad una ancora più intima e personale. C'è chi produce musica propria mettendoci dentro qualcosa di sé stesso, che poi non troverà più se non nel disco appena concluso. Roncea fa ben più, ci mette dentro tutto sé stesso, sotto ogni punto di vista: in quello che racconta, usando una lingua che gli è sua di rimando, abituale, ma la prima (il francese), e lo suona attingendo alle sue esperienze pregresse e trasformandole all'interno di un flusso sonoro più agglomerato, maturo. Il passaggio ad una lingua come l'italiano per chi come lui vuole scrivere per lasciare il segno in chi ascolta non è affatto scontato: “la vita non è quel che vedi, è quello che ti resta” (da Perdersi). Rispetto all'esperienza con the Money Tree c'è forse un approccio carico di “esistenzialismo pessimista”, con un cambio di rotta abbastanza marcato: se in passato si avvertiva una accettazione della realtà, segnata quasi irrimediabilmente da errori e cadute, oggi si avverte una spinta al riprendere, ricominciare, cambiare le sorti del proprio io.