ToDays Festival ha avuto inizio ieri e vista l'esigenza di arrivare fino alla domenica notte inoltrata si è ritenuto indispensabile non spremersi fin da subito. Spazio dunque agli artisti del main stage, con buona pace per le proposte più insolite di tutto il programma nel notturno della Ex Incet (scopri Chancha Via Circuito qui, e Dengue Dengue Dengue qui).
Le cinque chicche, apprezzate della prima giornata
Gli occhiali appannati di Bob Mould
Fare musica punk con voce e chitarra, senza l'ausilio di una base ritmica è cosa assai complicata, soprattutto renderla interessante per più di 10 minuti. Bob Mould è un concentrato di quello che fu, ossia il front man degli Husker Du, e sciorina nel suo breve live l'essenza della band in cui ha militato. Appannati sono solo gli occhiali per il sole che sbatte contro il viso, ma non le idee musicali. E sebbene non si sentano (perchè non ci sono sul palco), le canzoni degli Husker Du suonano in testa con la stessa carica dell'intera band.
I vestiti chic dei Deerhunter
Sebbene i vestiti con cui i Deerhunter si presentano sul palco non facciano rimpiangere la fase glitterata dei fine '70 e di tutti gli anni '80, la band offre una performance degna di nota, portando in live in principal modo i brani dell'ultimo disco Why Hasn't Everything Already Disappeared? e del precedente Fading Frontier. Una quarantina di minuti buona di musica all'insegna di un rock dall'incedere non particolarmente veloce, ma dalle sfumature psych assai coinvolgente, più degli abiti di Bradford Cox e compagni.
Spiritualized. Jason Pierce fa rock anche da seduto
Scoprire perchè Jason Pierce abbia tenuto il live seduto è avvolto nel mistero - le malelingue sostengono che la condotta del frontman non sia mai stata "angelica" - ma la cosa conta poco quando gli Spiritualized offrono la performance migliore delle band di tutta la serata. Un live intenso, avvolgente, in cui le atmosfere rock esaltano la verve soul propria del sound della band. Senza spingere troppo con la scaletta sull'ultimo album (And Nothing Hurt, del 2018) Pierce propone una carrellata della sua miglior produzione artistica. Lo spettatore ne viene trasportato poco a poco, catturato e ne finisce rapito: Come Together il brano che sovrasta gli altri, anche la più nota Soul on Fire e la piacevole chiusura di Oh Happy Days (che la band porta in live, a mo' di "manifesto programmatico", dal lontano 1998 con le registrazioni alla Royal Albert Hall).
Ride. Il live che non ti aspettavi
Nell'economia della serata, il live dei Ride è stato il rimpiazzo azzeccato: la band si colloca in quella fase a inizio anni '90 in cui nasceva lo shoegaze, in quel periodo (tra il '90 e il '96) produsse 4 album; poi l'addio alle scene fino al 2017, anno della reunion. I New Order forse hanno saputo reggere maggiormente il confronto con l'inesorabile incedere del tempo, ma l'età media del pubblico (più alta rispetto alle più consuete abitudini) ha lasciato intendere che gli spettatori non chiedevano altro che non essere delusi e così è stato. Una pezza ben riuscita.
Senza Beirut, ToDays si conferma
Se le cose fossero andate come dovevano ci saremmo trovati probabilmente a commentare una serata memorabile; il live di Beirut ha tolto qualcosa forse - tanto atteso da chi scrive almeno quanto una fetta, alla fine non così grande come ci si poteva aspettare, dei presenti nella prima serata - ma nell'economia della prima serata, avrebbe rappresentato anche una nota "stonata" rispetto al fil rouge a base di rock del main stage.
A seguire...
Ora, non vi possiamo raccontare il resto della serata, ma vi rimandiamo al resto del programma previsto per sabato (qui) ed al racconto del festival qui.