di GIACOMO BAGNA
Il weekend appena concluso è ormai da qualche anno a questa parte uno dei più intensi della stagione dei festival a livello nazionale: si sovrappongono infatti quasi perfettamente ToDays e Balla coi Cinghiali (purtroppo), due kermesse per motivi diversi molto interessanti.
Personalmente ho seguito due terzi della seconda, più per l’atmosfera straordinaria (avevo già avuto modo di apprezzarla tre anni fa) che non per una line up comunque interessante. Il BCC, alla sua 6ª edizione (considerando anche le due edizioni di Fortissimo! Nel 2014 e 2015) nella suggestiva cornice del Forte di Vinadio, ha tuttavia origini ben più datate: è del 2002 infatti il primissimo abbozzo di festival, nella piccola Bardineto in provincia di Savona; mi chiedo all’epoca quanti partecipanti a questo esperimento avrebbero immaginato di registrare, solo 9 anni dopo, 80.000 presenze (stime non ufficiali, ma sicuramente sintomatiche della necessità di cambiare formula a una manifestazione ormai troppo rilevante per non avere contorni più definiti).
L’edizione 2019 si è dimostrata ancora una volta da una parte coerente con la direzione artistica intrapresa anni fa, dall’altra molto attenta allo stato dell’arte della scena indipendente (con tutti i limiti del termine) nostrana. Tra gli headliner infatti troviamo i trapper Cromo e Tedua, l’eccentrica Myss Keta, gli emergenti I Miei Migliori Complimenti, i Fast Animals and Slow Kids e Dutch Nazari.
Sulla serata di giovedì, il cui fil rouge è rappresentato dalla cultura e dalla musica reggae, non mi dilungo, fondamentalmente per scarso interesse personale nel genere (nonostante riconosca il valore dei Mellow Mood, piatto forte sul main stage). Sicuramente più invitante il programma di sabato, in cui si distingue il piacevole show de I Miei Migliori Complimenti, band che deve ancora sgrezzarsi sul palco ma con una grande -e non invadente- presenza scenica: se ne sentirà parlare (Inter-Cagliari, forse il loro manifesto estetico, merita almeno un ascolto).
La parte del leone se la prendono di forza i Fast Animals and Slow Kids di Aimone Romizi, energici, coinvolgenti ed estremamente puntuali. È soprattutto grazie alla loro partecipazione che si registra il sold out, ed è un traguardo più che meritato, non foss’altro per l’entusiasmo e la gratitudine che la band perugina dimostra ogni volta che calca un palcoscenico: musicisti che trasmettono così tanta passione per il loro lavoro, indipendentemente dai gusti personali, fanno bene alla scena.
Notevole il set in notturna di Dutch Nazari e Sick et Simpliciter, che con la loro formula di cantautorap ormai consolidata traghettano su un tappeto di parole e suoni i cinghiali -come affettuosamente vengono chiamati i partecipanti al festival dagli addetti ai lavori- verso i dj set conclusivi della rassegna.
Pochi festival in Italia (forse solo il Miami, e comunque in modo diverso) possono fregiarsi di aver costruito negli anni un’aggregazione tribale forte e duratura come il Balla coi Cinghiali, che ha tutti i connotati di un raduno prima ancora che di un festival, pur non perdendo di vista la contemporaneità.
Questo, in ultima analisi, è ciò che lo rende davvero un unicum, senza dimenticare l’estrema attenzione all’ambiente: soprattutto in questi giorni, un messaggio da non lasciare passare in sordina.