Ricorrono quest'anno 30 anni dalla Caduta del Muro di Berlino. Il grande protagonista del secondo '900, il simbolo stesso della Guerra Fredda (anche se altri propongono la chiave del triste destino di Sarajevo). Edificato il 13 agosto 1961. Caduto il 9 novembre 1989. Anche l'Unione Monregalese non poteva rimanere indifferente a un evento di questo tipo.
Il settimanale se ne occupa nel primo numero di settembre 1961, con un articolo di Pietro Lingua, che esamina la situazione generale degli esteri. Più ancora del muro, è qualcos'altro che fa paura: il nucleare. I nuovi test di Kruscev sembrano anticipare un possibile conflitto. Lingua sottolinea come siano appoggiati da Togliatti, ancora vivo all'epoca. I Non-allineati, riuniti a Belgrado, non sembrano gradire l'evoluzione.
L'importanza del Muro di Berlino - anche come simbolo - sembra emergere col tempo. Quasi ogni anno l'Unione ricorda il triste evento, nei primi tempi, dandogli sempre più l'importanza che merita.
Nel 1989 si dà nota del crollo, ovviamente. Partiamo da una curiosità significativa: a ottobre, un articolo di fondo politico di Albertina Soldano, riportando di una visita di Gorbaciov a Berlino, dà per consolidato il mantenimento del Muro per molti anni ancora. Naturalmente, nessuno - anche nella stampa più blasonata - aveva previsto il crollo. E lo conferma anche questa pagina dell'Unione.
Nel numero del 16 novembre, è sempre la Soldano, nella sua nota in prima pagina, a riferire del crollo. Anche nel secondo numero dopo il crollo si parla dell'evento, ma - di nuovo - lo si inserisce in un quadro più globale. Un fatto significativo, non un simbolo o uno spartiacque. Non ancora, almeno, o non in questa sede.
"Cosi assistiamo in questi nostri tempi a fenomeni che appaiono difficilmente interpretabili alla luce delle vecchie culture; il superamento delle certezze comuniste da parte dell’URSS (ma non da parte del PCI), la nascita del "Gorbaciovismo", l’abbattimento simbolico del Muro di Berlino, lo scisma della Chiesa, ove l’ultradogmatismo di Lefevbre si discosta dal progressismo di Giovanni Paolo II, accusato a sua volta da più parti del contrario." spiega Alberto Bilvi.
Anche qui, è il tempo a far emergere, tra le righe, una sempre maggiore considerazione del fatto. Anche alla luce degli sviluppi successivi: la caduta dell'URSS e dei paesi satelliti rendono il Muro una nuova presa della Bastiglia.la st
Ma torniamo indietro al 1961, a un numero del 30 settembre, di poco successivo al Muro. Si parla sempre dell'acuirsi dello scontro con l'URSS, e il problema è - come detto - il Nucleare. Nella "Bussola", un editoriale di politica internazionale in prima pagina, si parla di una prospettiva cupamente fantascientifica.
«Il termine del cammino delle possibilità tecniche » è stato
additato con un’agghiacciante e paurosa freddezza in un congresso
scientifico ed ha assunto un nome apocalittico: « la macchina del giorno
del giudizio ». E’ uno scienziato della « Rand Cooperation » ad aver
portato sui tavolo della discussione la « macchina ».
Tale macchina potrebbe essere installata nelle viscere di una montagna
americana ove sarebbe assolutamente inattaccabile. Suo obiettivo
sarebbe di scatenare una potenza distruttrice capace di spegnere
tutta la vita sulla terra. Il meccanismo, collegato con un cervello
elettronico, sarebbe in grado di vagliare informazioni e comunicare
al dittatore russo che la distruzione si scatenerebbe a particolari
notizie trasmesse al cervello elettronico.
Tale cosa — secondo l’inventore — darebbe modo di impedire al
Cremlino una serie di interventi e di misure, che diverrebbero provocatrici
di rovina universale."
Ovviamente, è meritoria la posizione espressa dall'articolista, che coglie bene - come tutto il mondo cattolico - i pericoli insiti nella proposta della Megacorporation USA (la RAND, nata nel 1948, con un acronimo che ricorda la filosofa nichilistico-capitalistica Ayn Rand).
Ma non può non colpirci il fatto che colga lo spunto di fondo di uno dei grandi capolavori di Kubrick, il Dottor Stranamore (1963), che citavamo in copertina. "L'arma di fine di mondo" è l'ossessione dello scienziato pazzo che dà il titolo al film. Rappresenta i numerosi scienziati nazisti reclutati dagli USA nel loro progetto bellico, e il suo scopo è insegnare alle élite a "non avere paura e imparare ad amare la bomba".
Per cui sarebbe consolatorio chiudere l'articolo celebrando la fine del mondo diviso in blocchi, 1945-1989. Ma, forse, è più produttivo ricordarci che l'Era Atomica, invece, non è affatto finita.