«Ho scoperto che a Mondovì siamo tutti detective. Ma nessuno voleva questo»

«Siamo una città di circa 23.000 anime, di cui una buona parte, ho scoperto, essere detective. Questo gesto insano, che ha offeso la memoria di una figura come Lidia Rolfi, ha avuto anche la capacità di generare un gioco perverso alla ricerca del colpevole». Sono parole che scrive il vicesindaco e assessore alla cultura di Mondovì Luca Olivieri sul web, pubblicando un lungo intervento sul blog del giornalista Sante Altizio.

Una riflessione non banale, quella di Olivieri, di cui qua riportiamo alcuni passaggi invitandovi a leggere QUI l'intervento completo -dal titolo "Caro amico ti scrivo.

«Alla tua domanda di come io possa stare a mente fredda - scrive Olivieri, rispondendo al giornalista e blogger -, ti dico che io non ho la mente fredda. Non ne ho il tempo, qui nessuno ce l’ha. Siamo stati sotto i riflettori di tutti i media nazionali e non è ancora finita. La sensazione è che il peggio debba ancora arrivare. Cosa succederà quando verrà fuori un nome?».

L'attenzione mediatica, nei primi giorni, è stata eclatante. La città di Mondovì è piombata al centro della cronaca nazionale: ne hanno scritto tutti i quotidiani (addirittura prime pagine) e ne hanno parlato i telegiornali di ogni rete. E poi sono arrivati gli interventi, da ogni parte: da quello di Liliana Segre alla nota, importantissima, del presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel Giorno della Memoria.

Tuttavia, mentre nei primi giorni dopo il fatto sembrava che le indagini fossero già vicine a una svolta, ora il clima è diverso. «Ci sono delle indagini in corso e ho sperato che la loro conclusione arrivasse in breve tempo - scrive Olivieri -. Non è stato così. Noi tutti abbiamo fretta di sapere chi è stato, chi c’è dietro a un simile gesto. Chi è incaricato degli accertamenti ha riferito (a noi amministratori) che si aspetta ancora qualche riscontro. Bene, attendiamo».

L'attesa è una sorta di vuoto, che ognuno riempie come può, come vuole o come riesce. «Durante la sfilata si è passati davanti alla porta di casa di Lidia Rolfi, i più giovani hanno fotografato, hanno postato, hanno commentato. Una piccola battaglia vinta, un contributo firmato contro il gesto di un attacco vile e ignoto. Questo “io c’ero e ci sarò sempre” vale molto di più di mille Bella Ciao, ma si sa ogni generazione ha i suoi modi per esprimersi e di dimostrare solidarietà».

E tra i modi per riempire l'attesa, c'è la parola. Il rumor, la chiacchiera. La voglia di sapere come va a finire: per curiosità, sicuro, per voglia di condanna, anche. Ma magari anche per la voglia di scrivere la parola "FINE" su tutto questo capitolaccio. Il fatto che questa conclusione non arrivi, fa nascere dubbi.

In realtà, l'indagine è in corso e richiede tempo. «Non ci sono aggiornamenti - è la frase che oggi ripete il procuratore capo di Cuneo Onelio Dodero -, fateci lavorare».

«Siamo una città di circa 23.000 anime, di cui una buona parte, ho scoperto, essere detective –  scrive Olivieri –. Questo gesto insano, che ha offeso la memoria di una figura come Lidia Rolfi, ha avuto anche la capacità di generare un gioco perverso alla ricerca del colpevole. Cosa succederà quando si scoprirà, magari, che non siamo attorniati da cospiratori nazional-socialisti, ma dall’idiota di turno, dal folle, da colui che annacqua il valore del dolore, annebbia la memoria, magari per una sua vendetta personale? Non ti so rispondere, ti so solo dire che qui risiede tutta la tragicità, comica direi, del vivere in provincia. Quando attendi una risposta, ma hai paura che essa sia più terribile della domanda. Quando uscirà “il nome”, si attiveranno i sociologi, scriveranno i giornali, urleranno in parecchi. E noi ci sentiremo ancora più “stranieri” a casa nostra. Questo clamore, tutta questa attenzione sulla nostra città, ci ha sorpreso. Noi piccoli detective, furiosi per lo sfregio che credevamo solo nostro, siamo stati investiti da un affetto totale, da un amore tutto italiano che ci ha fatto pensare e che ci fa riflettere ancora oggi».

E conclude: «Siamo tutti in fondo normalizzatori o vorremo esserlo. Vorremmo tutti che un fatto così grave sia confinato nella follia o stupidità umana. Ci spaventa, almeno qui in provincia, l’idea che alla base di tutto ciò ci sia stata una strategia politica violenta e oscura. Non è da noi. Qui tutti ci conosciamo. Qui tutti ci perdoniamo a vicenda».

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