L’importanza della memoria, tra letteratura e arte.

L’attacco di stampo nazista alla memoria di Lidia Rolfi fa male.

Fa male oggettivamente, per il ritorno di ombre nere che non pensavamo così forti e arroganti. Fa più male, a noi, per Mondovì. E fa male, da lettore e insegnante, perché l’attacco è mirato alla letteratura. Un attacco che sembra aver poco di casuale, anzi: tutto sembra studiato, o frutto di una diabolica (nel senso letterale) ispirazione. Colpire il cuneese, luogo ideale della memoria. Qui, dove ha origine, a Benevagienna, la famiglia di Primo Levi, dove Galimberti, nella piazza centrale di Cuneo, ha dato il la alla Resistenza, e dove ad Alba, per ventitré gloriose giornate celebrate da Fenoglio, una repubblica partigiana – forse la più celebre – si è opposta ai nazifascisti.

Qui, dove c’è la Santo Stefano Belbo che ha dato i natali a Cesare Pavese, la Fossano di Lorenzo Perrone, il Lorenzo di “Se questo è un uomo”. E poi le sinagoghe: Mondovì, Cuneo, Saluzzo, Cherasco... (citata anche da Il giardino dei Finzi Contini di Bassani). Insomma, una geografia dell’anima, che intesse Resistenza e alta Letteratura in un nodo inestricabile. Una texture di cui Lidia Rolfi è centro nevralgico, per aver saputo narrare il lager delle donne, primo racconto specifico di questo arcipelago di orrori.

La memoria per immagini: illustrazione e fumetto.

E nel mio libro personale della memoria (e per tanti della mia generazione) le pagine della letteratura scritta si affiancano a quella disegnata, incluse – per restare ancora al monregalese – le illustrazioni di Cinzia Ghigliano per Il violino di Auschwitz di Anna Lavatelli. La vita di Kolbe illustrata dal grande Dino Battaglia sul Messaggero dei Ragazzi, o la versione di Nizzi e Tacconi per il Giornalino dei Paolini di Alba. Letture sulla stampa cattolica per ragazzi che anticiparono, per me, quelle scolastiche da quinta elementare in poi.

Memoria

Ma, crescendo, avrei scoperto che il fumetto che amavo era antifascista. La Valentina Rosselli di Crepax, il Corto Maltese di Hugo Pratt, il Dylan Dog di Tiziano Sclavi, tutti percorsi dal medesimo fil rouge che accomunava anche molta della cultura pop che amavo in altri ambiti. Fino alla scoperta del Maus di Art Spiegelman, il pilastro che ha portato nei ’90 a una piena legittimazione del fumetto, fino ad oggi, con il Jan Karski di Rizzo e Bonaccorso ultimo tassello, per ora, di una lunga tradizione. Libri e arte, scritti e immagini, da sempre obiettivi prediletti dei nazisti di ogni tempo. Perché sanno, in fondo, che sono l’argine più potente contro il loro ritorno.

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