Sanremo o Sanrito, a ciascuno il suo festival

Per il secondo anno consecutivo è Beppe Puso ad aggiudicarsi il "Carlos desnudo".

Il 70º Festival di Sanremo sarà ricordato per diverse ragioni: la conduzione di Amadeus e le donne che stanno un passo indietro, avanti o al fianco di qualcun altro, del trasformismo di Achille Lauro, delle liti tra Bugo e Morgan, del nuovo Re Mida della musica Dardust e della vittoria di un bravo Diodato. Un festival è una grande carovana che porta con sé carrozzoni di vario genere, e Sanremo ne è, in Italia, l’emblema. E, per quanto possa sembrare azzardato il paragone, il festival di Sanrito che si è tenuto nell’auditorium Ex Foro Boario di Cuneo, in concomitanza con il “maggiore” lo scorso week-end, ha più di una similitudine, e pure qualche divergenza.

La premiazione del vincitore Beppe Puso

SULLE DITA DI UNA MANO

Se a Sanremo si conta più di un vincitore, a Cuneo la cifra la si può tenere sulle dita di una mano. Numero uno, un’affermazione non del tutto inaspettata o inedita: la giuria ha, infatti, assegnato per il secondo anno consecutivo il premio al cantautore torinese Puso, con la sua “Canzone senza Dopie”. Per essere un piccolo festival di provincia, la qualità delle canzoni in gara (secondo aspetto vincente) è stata assai elevata: quasi tutti i brani avevano delle peculiarità e aspetti di interesse. Il merito, se proprio la si vuol dire tutta, andrebbe condiviso con la Chromatic Orchestra (terzo): un gruppo di musicisti affiatato (Lillo Dadone, batteria; Tommaso Sorba, tastiere; Ben Newton, basso; Tom Newton, armonica, flauto traverso, voce; Giaime Mannias, percussioni, flauto traverso, voce; Caputo Sergio, violino; Marco Santullo, chitarra acustica; Sebastiano Dotta, chitarra elettrica, sax contralto e tenore; Elia Zortea, trombone; Filippo Ansaldi, sax tenore, sax baritono; Niccolò Bottasso, tromba, flicorno, violino, arrangiamenti) con qualità sopraffine; big band quando c’era bisogno di potenziare l’impatto sonoro, orchestra “sinfonica” per colorire con preziosi arrangiamenti i brani. Visto che molti dei suoi componenti arrivano da esperienze musicali comuni (i Crazy Power Flowers), forse, varrebbe la pena farne un nuovo collettivo permanente! Anche perchè il pubblico ha apprezzato (quarto) e se nella passata edizione aveva riempito in larga parte la sala dell’Auditorium cuneese nel secondo dei due appuntamenti, in questa edizione, entrambe le serate hanno visto la sala gremita in ogni ordine di posto. E per tutta questa serie di ragioni Francesca Fiocco e il gruppo organizzatore (quinto) non potranno che ritenersi più che soddisfatta per l’ennesimo salto in avanti compiuto.

LA CANZONE (senza Dopie) CHIEDE ASCOLTO

E se Sanremo ha il suo Diodato, i brani di Sanrito appartengono a una tradizione basata sulla parola, oltreché la musica e la presenza scenica. Puso mette in musica un gioco raffinato di sapienza testuale e amore per il cabaret; le qualità di Glomarì si sono sviluppate lungo un delicato e sottile filo di pop in versione “low-fi ”, mentre Niccolò Maffei ha raccontato come ci si debba applicare per trovare rimedi alla Noia con uno stile dai forti richiami jazz ed l'uso di una voce quanto mai calda e piena di fascino, usata con modalità assai diverse rispetto al passato coi Med In Itali (questo un loro vecchio brano). Questi gli artisti e le canzoni sul podio, ma Sanrito ha regalato anche altre annotazioni “a margine”: (per poco tempo) Andrea Ciucchetti in partenership con Lorenzo Covino ha confermato un'espressività artistica sopra la media, Quattromini, Rodondi e Tonus si ispirano a un cantautorato (nonostante le sfumature) più tradizionale. Protto gioca su interpretazione e presenza scenica, gli Incantastorie raccontano una vita sulla “Terrabuona” in punta di piedi, mentre Andrea Marzolla ha infiammato con voce e grande energia entrambe le serate.

Ottimi anche i contributi offerti nelle due serate dagli artisti ospiti: Toni Vernice, un bravo cantautore tra il serio ed il faceto neo neo-melodico in salsa "gianduja", e Carol Mello, tutta la saudades della musica do Brasil, la prima sera; e la Piccola Orchestra Modulare del METS Conservatorio di Cuneo, che ha dato sfoggio di una performance di elettronica assai variegata, e l'assaggio di musica contemporanea con un quartetto d'archi della Orchestra della Centrale, per il conclusivo sabato.

Glomarì interpreta la sua "Paura e Camomilla"

DIFETTI e DENUNCE

Se si volesse scovare un difetto, usando forse un termine improprio, che tuttavia è anche una dimostrazione dell'attuale stato dell'arte nella musica "minore" è la mancanza di un'offerta più ampia negli stili e nei generi (poco rap, poca elettronica ed alcun richiamo alle "nuove tendenze" sonore amate dai più giovani). Il Festival ha invece espresso l’ennesima testimonianza, se mai ce ne fosse il bisogno, di un mondo che cerca e chiede dignità: il racconto di quei “piccoli” artisti (una trentina in totale quelli vagliati), più o meno professionisti, che cercano uno spazio, e che faticano non certo perché privi di qualità, ma perché mancano, specie in provincia, luoghi in cui potersi esibire o, peggio, orecchie interessate a questo tipo di ascolti.

CONCLUSIONI

Sanremo era nato come stimolo alla distribuzione dei diritti musicali in un’Italia ancora in ricostruzione; oggi viviamo in un’epoca in cui le vendite discografiche sono asfittiche e ci si gioca l’attenzione di un ascoltatore quanto mai smarrito tra miliardi di offerte sonore, e il Festival si serve dei partecipanti per confezionare uno spettacolo e paga il prezzo agli artisti mettendo loro a disposizione un megafono con cui arrivare a nuovi ascoltatori, nella speranza di vedersi riservata l’attenzione per poco più di tre minuti e magari confidare in qualche briciola di considerazione in più. Come dice in modo pertinente lo slogan della kermesse cuneese (“Piccolo festival di grandi canzoni”), non dovrebbero essere un luogo ed il suo contesto a rendere grande una canzone, bensì la qualità intrinseca dovrebbe pesarne la grandezza. Sanremo così come Sanrito con declinazioni diverse denunciano una crisi di questi postulati, poiché ad essere in crisi non sono tanto le canzoni – se ne trovano ancora di belle – bensì l’intero sistema all’interno del quale queste vengono veicolate: da chi le mette in circolo a chi poi le fruisce, permettendo a questo enorme e lungo carrozzone di potersi sostenere.

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