“Lo Specchio di Tina”, l’ultimo libro illustrato di Cinzia Ghigliano, uscito per i tipi di Contrasto, non è una graphic novel: del fumetto non ha infatti la sequenzialità, che in base agli studi di Will Eisner e Scott McCloud è il tratto distintivo dell’arte fumettistica. Tuttavia, l’autrice - che oggi si concentra maggiormente sulla sua attività di pittrice e illustratrice – ha un forte curriculum nel fumetto, essendo una delle principali esponenti del nostro “fumetto d’autore”. E questo si vede in numerose soluzioni adottate in questa affascinante biografia di Tina Modotti, intellettuale, attrice, fotografa italiana – ma con valenza internazionale – la cui figura, pur nota, merita sempre riscoprire e riproporre. Il gioco sulla “sequenza/non sequenza” è evidente fin dalla copertina, che riprende una delle più significative tavole interne: riproponendo la metafora del titolo in una situazione concreta, notiamo Tina, di spalle (come nella prima foto che l’ha vista protagonista come modella...), che si riflette in uno specchio tripartito, quasi le tre vignette canoniche di una comic strip, ognuna raffigurante uno dei tre volti della protagonista che impareremo a conoscere nell’opera: l’artista, la donna, la militante.
Ma oltre allo specchio occhieggiano in cover anche altre immagini, fotografie connesse all’attività dell’autrice, che creano quasi, simbolicamente, piccole “vignette nella vignetta”, un espediente frequente nel fumetto americano o nipponico (più raro in quello italiano, se non recente), dove una splash page diviene sovente lo sfondo che ospita altri riquadri minori. Il tema dello specchio e della foto ritorna nella prima tavola, come nei testi che accompagnano lo svolgersi della vicenda. E col prosieguo della storia non mancano nemmeno delle tavole che usano in modo proprio, e non solo “figurato”, la scansione propria del fumetto, accostando scene della vita dell’autrice separate da una banda bianca (a volte anche con un taglio obliquo, che rende bene la dinamica frenetica del turbinare di eventi attorno a Tina). L’uso di toni di un azzurro soffuso paiono rimandare alla colorazione di alcune vecchie pellicole dell’epoca, di quel cinema dei primordi in cui anche Tina ebbe alcune presenze come attrice di singolare intensità. Un saggio conclusivo di Rosa Carnevale ricostruisce in modo puntuale gli snodi fondamentali della vita eccezionale di Tina Modotti, punteggiato dalle fotografie dell’autrice. Un volume quindi particolarmente prezioso e raffinato, che introduce una nuova figura di fotografa dopo lo studio compiuto da Cinzia Ghigliano su Vivian Maier. In questo caso, del resto, la Modotti intreccia ancor più la sua vita alle grandi svolte del primo Novecento, rendendola una figura che meriterebbe approfondire con cura anche in ambito scolastico (qui una sua biografia online: http://www.comitatotinamodotti.it/tina.htm).