«Il decreto del presidente del Consiglio dei ministri dell'11 marzo deve essere corretto». Lo scrive la categoria Filcams della Cgil Cuneo, chiedendo di prendere a carico le richieste del sindacato sulle difficoltà e il disagio in cui stanno operando gli addetti del settore.
Nel mirino le attività del commercio al dettaglio previste nell'allegato 1 (ovvero relative alla "vendita di generi alimentari e di prima necessità"). «La salute e la sicurezza dei lavoratori in questo campo sono la priorità», si legge nel comunicato. «E l'approvvigionamento di prodotti alimentari può essere ugualmente garantito restringendo il nastro orario di apertura durante la settimana e chiudendo almeno la domenica».
«Non possiamo far finta di condurre gli stessi stili di vita – afferma la segretaria generale della Filcams Cgil Maria Grazia Gabrielli – perchè la situazione ci impone dei cambiamenti necessari, come sintetizzato nel messaggio #iorestoacasa. Mentre il DPCM dell'11 marzo va nella direzione opposta: continuare sempre aperto 365 giorni l'anno e h24».
«I supermercati sono stati presi d'assalto da tante persone terrorizzate e gli addetti del commercio - nonchè i lavoratori dei servizi in appalto e del turismo - continuano a prestare il loro servizio spesso, come è evidente dall'azione di denuncia del sindacato e degli stessi lavoratori, lamentando il mancato rispetto delle norme di sicurezza, delle distanze, dei dispositivi di protezione e del divieto di assembramento. Denunce e scene che hanno fatto il giro di televisioni e social e che dimostrano la vulnerabilità di questi luoghi di lavoro, ma il Governo non ne ha tenuto conto».
«Se gli addetti di questi settori devono essere in prima linea, come lo sono dal 23 di febbraio, la loro tutela è una precondizione fondamentale e va rispettata e praticata con altrettanto straordinarietà». Prosegue la segretaria generale: «In assenza di correttivi che contemperino servizi di utilità, servizi essenziali e sicurezza, l'alternativa è il fermo e la chiusura per tutelare le lavoratrici e i lavoratori. Di questa situazione devono farsi carico certo le aziende, ma anche le istituzioni nazionali e locali, dai Prefetti ai Governatori delle Regioni e i sindaci».
«Nessuno dovrà perdere il lavoro»
Dalla paura del contagio si passa poi alla paura di restare senza stipendio o, domani, senza lavoro. Alla crescita delle vendite dell'alimentare fa da contrappeso negativo il calo dei consumi nel no food con centinaia di negozi che già in queste ore - con o senza decreti - stanno comunque chiudendo. Bar, ristoranti, alberghi, l'intera filiera del turismo è già stata impattata profondamente e migliaia sono già le richieste di interventi agli ammortizzatori sociali per sostenere il reddito dei lavoratori. Così come, la chiusura delle scuole ha lasciato a casa fino al 3 aprile oltre 50mila addette mensa.
«Abbiamo condiviso le dichiarazioni di esponenti del Governo che hanno detto che in questa crisi nessuno perderà il lavoro, per questo auspichiamo un intervento sugli ammortizzatori in cui nessuno venga lasciato indietro a partire dalle figure più fragili del mercato del lavoro spesso invisibili, come i lavoratori stagionali, i contratti a termine, i portieri degli stabili, le colf e le badanti, gli addetti degli studi professionali» conclude Gabrielli. «Abbiamo bisogno di rallentare oggi per ripartire domani, ma c'è bisogno di un progetto comune che guardi già ad investire sul futuro. Un futuro dove il terziario, i servizi, possono continuare a svolgere un ruolo rilevante e l'intera filiera del turismo può essere valorizzata e rilanciata come una filiera speciale e strategica per il nostro paese».