Quando si è trattato di trovare argomenti sulla quarta giornata del Decameron volevo provare a non essere banale. L’amore tragico ha varie sfaccettature e negli anni in tanti, e in maniere diversissime, lo hanno trattato.
In genere, come già aveva intuito Boccaccio, quello degli amori tragici è un contesto in cui le donne sono protagoniste, e spesso fanno una brutta fine.
E per quanto variegate possano essere le modalità di raccontare un amore così, spesso si ha a che fare con strade, magari una lunga e diritta come quella di Guccini, con esperienze non forse edificanti come in Ultimo Amore (Capossela) e in Marinella (De André fu uno dei più prolifici e poliedrici nel raccontare di amori tragici), o ancora con malesseri della propria anima (Kurt Cobain e la nota difficoltà ad amare sé stesso); altri ancora come il “nostro” Niccolò Fabi o Nick Cave (in "Skeleton Tree" e nel successivo "Ghosteen") si sono serviti della musica per esorcizzare la perdita di un figlio e l’assenza dell’amore paterno.
Quando però si è trattato di trovare un titolo lungo il quale sviluppare l’argomentazione, la canzone degli Afterhours è giunta inaspettata, come un fulmine a ciel sereno a squarciare i pensieri; e una convinzione si è andata via via consolidando e ra_orzandosi. Poche band nel nostro Paese hanno saputo raccontare l’amore, in modo particolare quello più tragico, come gli Afterhours negli ultimi 25 anni. Il pregio: non essere mai banali nei testi, parlare di amore e di amori che, per quanto stereotipati, fossero moderni, capaci di raccontare i limiti o le peculiarità dei rapporti affettivi dei giorni nostri, ed infine mostrare quell’equilibrio precario tra emotività (canora) e lacerazione del sentimento (testuale, uno studio qui).
L’amore è struggimento, sovversivo, celato, è gabbia e costrizione, è fatto di strategie e falsità, è radioattivo, è ribellione e tradimento; è qualcosa che si fatica a maneggiare e con cui, se non si fa attenzione, ci si può tagliare. Un modo ed un mondo lisergico e seminale, tipico di chi negli anni ‘90 arrivava dalle esperienze del punk e del grunge e che affondava la propria educazione sentimentale nel rock psichedelico dei Pink Floyd e di quello più hard dei Led Zeppelin. In questo tipo di contesto in cui la musica non è solo un modo per occuparsi e dedicarsi all’arte, ma un autentico rito catartico (altro termine che torna, specie nei Marlene Kuntz) a cui abbandonarsi ed in cui affogare per raccontare l’amore straziante e tormentato in modo altrettanto travolgente e convincente. Ed è forse una delle cose che resta più impressa nei testi di Agnelli e nella musica degli Afterhours, là dove amore e morte si diluiscono l’uno con l’altro, perdendosi in un unico confine.
Decameron 51 - Giorno 4
Amori infelici
Amori infelici - Paolo Roggero
Addio mia concubina - Giovanni Rizzi
Dylan Dog è anche un fumetto d'amore - Lorenzo Barberis
Cime Tempestose, un classico senza tempo - Marika Mangini