Motti arguti – Sollazzevole cunto de’giovini e vegli

Il venerando bardo Niccolò Degli Uberti dedica una breve novella al pubblico dello Culture Club 51.

Che lo saper dire motti arguti e colmi di spirito mordace sia spesso causa di salvezza e lasci così gli uomini riuscire senza danno da disdicevoli situazioni, ce lo provano talvolta fifi nanco li garzoni imberbi. Dirovvi adunque, mie facondissime ragazze, quel che avvenne non più oltre di vent’anni or sono nella cittade di Monte Regale, sita nelle plaghe subalpine che di Lombardia conducono li viandanti verso le montagne di Provenza e di Genovesato. Eravi in codesta cittade, nella parte di lei bassa appo lo fifi ume che Bredolo ene nomata, una folta adunanza di putti e di garzoni scolari, li quali per uno die astenevansi dal frequentar le lezioni de’ maestri loro acciocchè tutto lo popolo si avvisasse delle loro lagnanze, del che qui nulla diremo. Di detto popolo era tuttavia convenuta colà, con grave cipiglio e deto alzato in atto di rimprovero, una breve congrega di uomini vegli, fors’anche malvissuti, che fortemente rimbrottavano li ragazzi usando linguaggio proprio di quelle plaghe e dicendo con viso di lagna: «Pì i studìo pì i veno fòj, si matòt» lo che tradotto signififi ca: «Quanto più studiano, tanto più sciocchi essi si fanno». Tale lagnanza essendosi viepiù protratta, un de’ ragazzi – lo cui volto imberbe e la cui statura mostravano aver egli non certo sopravanzato li quindeci anni di etade – postosi di fronte alla masnada de’ vegli, disse con voce ferma e d’uomo più che di putto: «E nojàtri për vnì fòj almanch j’oma dovù studié, vojàtri o l’é un talent natural», che senza uopo di dragomanno li vegli chiaramente intesero esser riferito a se medesimi, signififi cando essere essi vegli sciocchi non per abondanza di studio, bensì per sorte e quasi naturale talento. Così gli altri vegli, all’infuori del giudicante con il deto sempre alzato, forte ammirarono lo detto del ragazzo e a lui e a’ suoi giovanetti compagni sorridendo con essi s’accompagnorno per tutta la giornata di protestanza, tanto che li giornali della cittade di lì alcuni dì titolorno stupiti: «I nonni scioperano con gli studenti delle superiori». Solo lo veglio, che nonno non era, rimase e tuttora rimane come statua nel Bredolo, ancora con lo dito alzato, in segno di immutato rimprovero, quasi fatto di pietra dal sollazzevole arguto motteggio dell’ignoto ragazzo in protesta.

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