«Una crisi epocale. Ripartire sarà difficile». Le previsioni di Confindustria Cuneo

Crollo della fiducia, raddoppio della cassa integrazione, ordini e redditività precipitati: le previsioni di Confindustria Cuneo per il secondo trimestre 2020

previsioni Confindustria Cuneo 2020

Crollo della fiducia, raddoppio della cassa integrazione, ordini e redditività precipitati: le previsioni di Confindustria Cuneo per il secondo trimestre 2020

Crollo della fiducia. Raddoppio degli ammortizzatori sociali. Ordini e redditività precipitati. Impianti al di sotto del minimo utilizzo. Sono queste le parole chiave - dai toni non certo felici - delle previsioni di Confindustria Cuneo per il secondo trimestre del 2020. «Siamo in presenza di una crisi globale che si prospetta peggiore a quella del 1929 - è la sentenza -. In assenza di strategie per l'uscita, impossibile immaginare cosa accadrà». Anche perché, spiegano gli industriali, non basterà riaprire: la pandemia ha cambiato le nostre abitudini, gli stili di vita, i consumi. Non ne usciremo semplicemente tornando a produrre.

Per il nostro Paese, nelle ipotesi più favorevoli, si parla di una recessione, nel 2020, attestata sull’8-9%. Ma il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha ipotizzato previsioni ben più gravi che del resto coinvolgono l’intero pianeta. Tutto dipenderà dal momento nel quale il motore produttivo potrà ripartire a pieno regime. Per Confindustria, «l’economia italiana sconta il fatto non essersi ripresa tanto quanto gli altri Paesi dalla crisi partita nel 2008 e ha di fronte la sfida storica di non rimanere al palo rispetto alle economie degli Stati partner».

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I PROBLEMI - L’indagine regionale di Confindustria registra la caduta generalizzata del clima di fiducia tra le imprese, problemi di liquidità e il crollo generalizzato delle attese riguardante sia il manifatturiero che i servizi. Questi sono gli scenari che illustrati, anche a livello provinciale, in un’indagine realizzata su un campione di circa 270 imprese associate. I numeri dell'indagine sono cristallizzati su una situazione che, dal momento del rilevamento è andata peggiorando e che pertanto, se l’indagine fosse svolta in questi giorni, evidenzierebbe esiti ancor più negativi.

Il presidente Confindustria Cuneo Mauro Gola: «Le fonti di preoccupazione sono soprattutto quattro: il calo dell’export, la caduta della redditività, la crescita del ricorso alla cassa integrazione e i problemi del sistema dei pagamenti. La riapertura in piena sicurezza degli impianti produttivi non equivarrà a un’immediata ripresa. Perché essa vi sia, sarà fondamentale, nel breve periodo, che dia segni di vitalità il mercato interno. In questo ambito si prospetta un cambiamento epocale dei sistemi di vita e delle relazioni interpersonali che avranno ricadute significative anche sul mondo industriale e sull’organizzazione della produzione».

«Fra gli imprenditori c'è elevata consapevolezza della svolta culturale provocata dall’epidemia - sostiene Giuliana Cirio, direttrice Confindustria Cuneo - e ciò costituisce una base di partenza importante per affrontare le sfide che già oggi si presentano.
Insomma, se la situazione è obiettivamente assai difficile, vi sono le potenzialità per iniziare a risalire la china e in questo ognuno dovrà fare la propria parte nell’àmbito di quello che potrebbe essere un rinnovato patto sociale».

Crollo della fiducia, raddoppio della cassa integrazione, ordini e redditività precipitati: le previsioni di Confindustria Cuneo per il secondo trimestre 2020

LE PREVISIONI NEI NUMERI -  Pur evidenziando molti elementi negativi, e pur ribadendo che si tratta di dati certamente peggiorati rispetto a quando sono stati raccolti, il quadro della Granda tracciato dall’indagine congiunturale è meno pesante di quello regionale. Nel comparto manifatturiero del cuneese il 35% delle imprese prevede una riduzione della produzione, contro il 16% prospetta un aumento. Il saldo è in calo di 11 punti rispetto al precedente trimestre. Sono quasi analoghe le previsioni sugli ordinativi: il 34% degli intervistati prevede una contrazione contro il 15% che ipotizza un incremento. I valori sono ancora lontani dai picchi recessivi del 2009, ma il balzo verso il basso è notevole.

Precipitano anche l’export e la redditività. Aumentano i ritardi nei pagamenti, indicatore sempre molto sensibile nelle fasi di brusco deterioramento del mercato. Raddoppia il ricorso alla cassa integrazione: un quinto delle aziende partecipanti all’indagine prevede di dover ricorrere agli ammortizzatori sociali. Percentuali così elevate non si registravano dal 2016 e va ribadito che oggi la situazione è ancor più negativa.
Un’analisi più dettagliata mostra come gli indicatori siano man mano peggiorati in conseguenza dell’aggravarsi dell’epidemia. Nei primi dieci giorni di marzo il saldo ottimisti-pessimisti riferito alla produzione era di -8 punti, poco lontano dal valore di gennaio, mentre nelle due settimane successive è sceso a -46 punti.  I settori produttivi sono colpiti dall’emergenza in modo abbastanza omogeneo.

Nella prima fase la meccanica ha resistito, peggiorando le attese nell’ultima e diventando oggi quella forse più problematica. Ha fatto registrare un andamento inverso il settore alimentare che, tuttavia, registra indicatori decisamente negativi. Nel manifatturiero la percentuale di imprese che hanno chiuso l’anno con un aumento del fatturato sfiora il 39%, contro il 25% di quelle che hanno registrato una dinamica opposta. La redditività è stata positiva: il 66% delle aziende ha realizzato un utile di bilancio, contro l’8% che ha chiuso in perdita. L’indebitamento nel 2019 è risultato sostanzialmente stabile e debole è stato l’andamento degli investimenti: il 24% delle aziende ha aumentato la spesa in questo ambito rispetto all’anno precedente, il 16% l’ha diminuita, mentre il 60% l’ha mantenuta costante o non è in grado di fare valutazioni. La performance registrata nel terziario è analoga. Il 37% delle imprese ha aumentato il fatturato e solo il 17% lo ha ridotto. Sono ottimi anche i risultati di bilancio: il 67% ha chiuso il 2019 in utile e appena il 7% ha registrato una perdita. Nei dodici mesi dell’anno scorso si è ridotto l’indebitamento (19% delle imprese, contro il 9% che lo ha aumentato) e buono si è rivelato l’andamento degli investimenti: il 28% delle imprese ha aumentato la spesa rispetto al 2018 (il 15% l’ha ridotta).

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