Domenica 3 maggio, che nella liturgia viene indicata come la “Domenica del buon Pastore”, è ornai da 57 anni anche la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, un appuntamento importante per ogni comunità cristiana per una causa altrettanto importante, in questi tempi difficili per molti versi, ovvero il dono di risposte alle chiamate che il Signore riserva ancora, oggi, tra le nuove generazioni, per spendere la vita totalmente per il Regno, nell’esperienza della consacrazione. Si può contare per questa Giornata su un denso messaggio del Papa che invita ad avere il coraggio di rispondere a Dio che chiama. In Italia alla Giornata si è assegnato uno slogan forte e coinvolgente, tratto dalla esortazione apostolica dopo il Sinodo sui giovani (“Christus vivit”), cioè “Datevi al meglio della vita”.
Nella giornata di preghiera per le vocazioni, domenica 3 maggio, ancora sotto il regime di restrizioni anti-contagio per il rischio da coronavirus, risuona però un invito a tutti in diocesi, in particolare ai giovani, a collegarsi in diretta streaming (sito “Santuario di Vicoforte”) alle ore 18, per condividere a distanza la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo mons. Egidio Miragoli che avrà una parola speciale su questo tema cruciale per la vita della Chiesa e delle nostre comunità, ovvero sulla chiamata che il Signore riserva per un servizio totale di sé al Regno a cui rispondere con coraggio e generosità.
Su “L’Unione Monregalese” in edicola, anche due pagine dedicate a questo evento, con testimonianze preziose.
«Da qualche settimana sono tornati a far notizia sui giornali e questa volta non per via di qualche reato o di qualche fatto eclatante, ma perché sono morti. Stiamo parlando di oltre 115 preti. La categoria più colpita dal Covid-19 insieme a medici, infermieri e OSS – scrive don Federico Boetti, incaricato della Pastorale vocazionale in diocesi –. Uomini che hanno fatto del Vangelo il loro stile di vita, fino all’ultimo, come don Francesco Nisoli, cremonese, 71enne, vissuto per trenta anni come missionario in Brasile. O come don Paolo Camminati, il “Camo”, 55 anni, piacentino con la chitarra sempre appresso, un passato da giocatore di rugby ed un presente in cui stava progettando un ostello per lavoratori precari da ospitare in Parrocchia. O come don Giuseppe Berardelli, 72enne, che di sua volontà ha rinunciato al respiratore per destinarlo a qualcuno più giovane di lui. Sono morti ma forse più opportunamente dobbiamo dire che hanno dato la vita. Sono volti e storie diverse tra loro, accomunate dalla medesima vocazione, quella di essere guide e pastori di altri fratelli e sorelle nella fede».
«In questa Giornata mondiale per le vocazioni, penso che dobbiamo loro un tributo di riconoscenza, per come hanno saputo attuare la loro vocazione e per ricordare che, se c’è un prete che si smarrisce, tanti altri continuano la loro missione, spesso nel nascondimento e nella mancata riconoscenza dei più – conclude don Federico Boetti –. È vero, la vocazione non riguarda solo loro, ha a che fare con la vita di ciascun uomo e di ciascuna donna; ma se vogliamo anche solo trovare “un prete per chiacchierar”, preghiamo per questa categoria e perché altri giovani uomini prendano seriamente in conto questa possibilità, perché ciò che resta oltre alla testimonianza e alla riconoscenza, è un vuoto nelle comunità, nelle famiglie e nelle persone. 115 preti, infatti, non si trovano dall’oggi al domani».