Coronavirus, in Piemonte avviata la sperimentazione delle cure con il plasma
La Giunta della Regione Piemonte ha affidato all’assessore all’innovazione e ricerca, Matteo Marnati, una specifica delega alla “ricerca covid” per il potenziamento, in particolare, della rete dei laboratori nella fase 2. Nella giornata di venerdì è stato inoltre anticipato che il Piemonte ha avviato, a Torino e Novara, la prima fase della sperimentazione delle cure con il plasma per i malati Covid, che verrà presentata in modo approfondito nei prossimi giorni.
Quello delle cure con il plasma è un tema molto “caldo” che ha alimentato sui social un dibattito, talvolta furioso, con una serie di post virali conditi da: “non si parla della terapia con il plasma nei media mainstream”, “non se ne parla perché non interessa alle case farmaceutiche”, “non ce lo dicono”, “scandalo”, “vergogna”… entrando di fatto nella categoria del “complottismo” che tanto va di moda in rete. E in mezzo è finito anche il dibattito no-vax. Oggetto del contendere, il lavoro di Giuseppe De Donno della Pneumologia dell’ospedale “Poma” di Mantova (ma la sperimentazione è partita a Pavia) sul trattamento dei pazienti malati di Covid-19 con plasma "iperimmune", cioè che viene dal sangue di pazienti che sono stati contagiati e sono guariti. Una cura che, a detta di molti esperti, sembra dare buoni risultati, ma bisogna ancora verificarne l'efficacia attraverso le dovute sperimentazioni. E su questo aspetto le parole dei diretti protagonisti della vicenda convergono su tutto.
Prima considerazione: la notizia della terapia è stata data ovunque sui media. In seconda battuta proviamo a riportare alcune fonti ufficiali che, speriamo, possano avere un peso maggiore di un qualunque post o video trovato sui social.
DE DONNO: «HO CHIUSO IO I MIEI ACCOUNT» – La polemica diventata anche politica (con alcune dichiarazioni di Matteo Salvini) e la “sparizione” dai social del prof. De Donno ha fatto gridare ancora di più al complotto dei “poteri forti”. A fare un po’ di chiarezza è arrivato un messaggio video dello stesso prof. De Donno: «Nei giorni scorsi la pressione mediatica e popolare sul mio operato è stata tale da non permettermi di operare serenamente. Per questo motivo ho reputato prudente chiudere i miei account social Instagram, Twitter e anche Facebook sia del mio profilo personale che della mia pagina istituzionale. Questo per lanciare un messaggio di calma. Se ho parlato e sono intervenuto in pubblico l’ho fatto semplicemente per fare informazione e vedo però che l’informazione è stata recepita da alcuni come mezzo per azzuffarsi con chi la pensa diversamente. Voglio che questi social siano un momento di vicinanza e un momento di amore, non utilizziamoli per fare cose alternative che non sono nel mio obiettivo, che è quello di promuovere la scienza».
«NON C’È STATO ALCUN ACCESSO ALLA STRUTTURA DA PARTE DEI NAS» – Ad alimentare le tensioni ci ha pensato anche la notizia di un intervento dei NAS nell’Ospedale, mantovano. Circostanza che l’ASST di Mantova ha chiarito ufficialmente: «Sono state semplicemente richieste informazioni generiche sulla natura della sperimentazione, proprio a seguito delle notizie riportate dalla stampa. Non c’è stato però alcun accesso alla struttura da parte dei Nas». Sempre la stessa Azienda Socio Sanitaria Territoriale su altri accenni “complottisti” ha specificato che: «per quanto riguarda la mortalità da Covid, anche in questa azienda e nella provincia di Mantova l’effetto letale del virus si è manifestato. L’ASST di Mantova ha avviato uno studio specifico per valutare questa casistica». E sulla storia del progetto e sui risultati ottenuti: «ASST di Mantova ha aderito al progetto per l’utilizzo del plasma iperimmune in collaborazione con il Policlinico San Matteo di Pavia. La collaborazione è proseguita fruttuosamente raggiungendo gli obiettivi previsti dalla sperimentazione» e si «si sta concludendo il report definitivo da sottoporre alla comunità scientifica».
«NON C’È CONTRAPPOSIZIONE TRA PLASMA E VACCINO» – A smorzare ogni volontà polemica arrivano anche le parole del prof. Burioni, finito anche lui nel mirino. «Non c'è contrapposizione tra plasma e vaccino. Non c'è contrapposizione neanche tra me e i colleghi che stanno portando l'importante lavoro. Non ho mai detto una parola contro il plasma o contro i colleghi che stanno portando avanti la sperimentazione. Oltretutto il vaccino non c'è, mentre il plasma c'è e se funzionasse potremmo usarlo domattina. Se fosse dimostrato che funziona, sarebbe una benedizione. Ma ci vuole una dimostrazione solida. Il plasma ha funzionato con il tetano, la rabbia, l'epatite A, l'epatite B. Non ha funzionato con l'Hiv e con l'epatite C. Se funzionasse sarebbe estremamente positivo, avremmo una possibilità di curare chi sta male e potremmo provarlo a dosi minori su chi si è appena ammalato». Sulla stessa linea Ilaria Capua, direttrice dell’One Health Center University of Florida: «Non sarà il vaccino che ci porterò fuori da quest’incubo nell’immediato. I vaccini sono sicuri, ma per essere tali ci vogliono tempo e attenzione. La somministrazione di plasma è una pratica vecchissima, tuttavia, è una terapia che presenta dei rischi. Infatti, non si usa molto. Siccome si tratta di un prodotto di derivazione umana, è un po’ delicato sul piano della regolamentazione, perché gli emoderivati hanno alcuni rischi per il paziente. Quindi, è una procedura che sicuramente funziona, però è una terapia da estrema ratio, perché può causare epatite e shock anafilattico. Non è insomma da usare a casa».
«NON TUTTI POSSONO DONARE IL SANGUE» – Tra i tanti interventi sul tema scegliamo ancora quello di Giovanni Musso, vicepresidente nazionale vicario Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue (FIDAS). «Innanzitutto è importante sottolineare come il plasma iperimmune, raccolto da pazienti che hanno contratto il coronavirus, rappresenti ancora una terapia sperimentale. È poi importante evidenziare che non tutti coloro che hanno sconfitto il coronavirus presentano i pre-requisiti utili per poter entrare a far parte delle sperimentazioni. Per rispondere alle polemiche che si stanno diffondendo sui social, non basta dunque “obbligare tutti quelli che hanno affrontato il coronavirus a donare”. Prima di tutto perché non tutti, appunto, possono donare: la sicurezza del donatore è un principio ineludibile. I pazienti stessi devono rispondere a dei pre-requisiti specifici: la terapia sperimentale non può essere applicata a tutti, dunque il problema non si risolve con il massimo arruolamento possibile di donatori. Infine, è importante ricordare che la donazione del plasma, così come ogni donazione di materiale biologico, si fonda in Italia su alcuni princìpi tra i quali quello della volontarietà del dono. Non è quindi possibile “obbligare” qualcuno a donare».
___
VUOI ESSERE SEMPRE INFORMATO?
Sì, voglio le news gratis in tempo reale - ISCRIVITI AL CANALE TELEGRAM - CLICCA QUI
Sì, voglio le top news gratis ogni settimana - ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER - CLICCA QUI