«Il test sierologico non certifica l'immunità!». L'Ordine dei medici prende posizione: «Siamo preoccupati, può dare false sicurezze»
Il test sierologico non serve a certificare l'immunità. Lo dice chiaramente, con una certa dose di preoccupazione, l'Ordine dei medici di Torino. «In questi ultimi giorni ha destato molto interesse la possibilità di eseguire autonomamente il test sierologico per sapere se si è stati infettati in modo asintomatici - afferma l'Ordine - e quindi senza rendersene conto, dal coronavirus. Inoltre, alla riapertura delle attività, diverse realtà produttive hanno acquistato test sierologici cui sottoporre i propri dipendenti. Tuttavia, siamo preoccupati perché questo test, se effettuato in modo improprio, può dare delle false sicurezze ed esporre cittadini e lavoratori a un maggior rischio di contagio, mettendo in pericolo la salute e causando nuove difficoltà per il sistema sanitario».
Le medesime preoccupazioni sono state espresse ieri, in Regione, dall'ex ministro della Sanità Ferruccio Fazio, ora a capo della task force sanitaria regionale istituita da Cirio: «Voglio essere chiaro - ha detto -: il test sierologico è quasi una mera curiosià, non è assolutamente una garanzia di immunità. Non può assolutamente certificare quale tipo di anticorpi sono stati sviluppati. Sconsigliamo vivamente di farlo, in questo senso».
Che cos’è un test sierologico? È un esame in grado di individuare la presenza, nel siero di soggetti affetti o precedentemente affetti da COVID-19, di anticorpi specifici diretti contro il virus SARS-CoV-2: IgM (anticorpi della fase precoce) e IgG (anticorpi a lunga permanenza). Come tutte le sierologie, anche questa attesta l’avvenuta infezione, ed in questo caso non altro. Infatti le IgM, che in altri contesti identificano efficacemente una fase relativamente precoce dell’infezione, nel caso di COVID-19 risultano di produzione incostante e non permettono un’attendibile datazione del momento del contagio. Inoltre, non è al momento noto se e in quale misura la presenza di anticorpi garantisca e per quanto tempo un eventuale stato di protezione da un successivo contagio.
Insomma: questi test non rilasciano in alcun modo una patente di immunità per le persone che lo effettuano. Servono ad attestare l’avvenuta infezione: è un'indagine utile, magari a fini statistici, o una curiosità. Ma non altro.
«I test sierologici rappresentano uno strumento utile per effettuare indagini epidemiologiche su larga scala - afferma infatti l'Ordine - e comprendere la reale portata dei contagi avvenuti in questi mesi, specialmente in alcuni segmenti della popolazione (come sanitari e forze dell’ordine), ma non possono costituire un mezzo di diagnosi né possono autonomamente certificare un’avvenuta guarigione, se non affiancati da altri strumenti indispensabili come i tamponi, in quanto la presenza di anticorpi non esclude la possibilità di essere ancora contagiosi. L’utilizzo dei test sierologici da parte di singoli cittadini, ancorché possibile, è fortemente sconsigliato: l’interpretazione del risultato, infatti, non può essere lasciata al fai-da-te e alla “curiosità” della singola persona, ma richiede la supervisione di un medico che decida gli ulteriori accertamenti necessari. Anche nelle aziende il loro impiego deve avvenire sempre sotto la supervisione di un medico competente, per evitare utilizzi impropri e per proteggere la salute dei lavoratori. Le aziende devono comunque continuare a attuare tutte le opportune precauzioni sui luoghi di lavoro, l’uso dei dispositivi di protezione individuale, a cominciare dalle mascherine, e il necessario distanziamento reciproco. Infine, per quanto concerne l’impiego dei test sierologici sulla popolazione che alcuni comuni intenderebbero avviare, è assolutamente raccomandata la supervisione e la consulenza da parte delle Asl per definire il prosieguo delle indagini in caso di risultati positivi».
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