La nuova dimensione della distanza

Come sarà l’evoluzione dei rapporti umani senza incontri ravvicinati? Una riflessione sul tema del Social distancing

Sul New Yorker di qualche settimana fa, si legge che moltissimi account twitter pullulano di post che riecheggiano l’ inizio del famoso romanzo “La Signora Dalloway” di Virginia Wolf con variazioni sul tema pandemia e isolamento sociale. Cosi, al posto del famoso incipit “La signora Dalloway disse che i fiori li avrebbe comprati lei” compaiono strani rimaneggiamenti come “la signora Dalloway disse che il disinfettante lo avrebbe comprato lei” o ancora: “Disse che il virus se lo sarebbe presa lei”. Non sembra evidente una relazione tra il romanzo della Wolf e l’isolamento a cui siamo stati costretti fino ad oggi e che si tradurra in distanziamento sociale nelle prossime settimane; cio che ha ispirato tanta gente comune a rifarsi alla protagonista dell’omonimo romanzo e probabilmente il fatto che Clarissa trascorre un’intera giornata in giro per Londra per commissioni in vista della cena che dara a casa sua quella stessa sera. Ed e eccitata da tutto cio: lo shopping, passeggiare, l’incontro con gli invitati, attivita che si presentano a lei come un’avventura piena di pathos. E anche per noi, adesso, e cosi: dopo molto tempo chiusi in casa e eccitante anche solo sentire i propri passi sulla strada, spingendosi oltre i confini della propria via. Ed e appena iniziata “l’avventura” della nuova dimensione relazionale, fatta di volti parzialmente coperti da una mascherina e distanze sicurezza come misura di protezione e difesa. Bisogna rivedere tutta la nostra prossemica, quell’ambito che guarda alle distanze interpersonali come elemento culturale che mettiamo costantemente in atto. L’antropologo Hall distingue quattro categorie di prossemica e quella che definisce “distanza sociale” e quella relativa ai rapporti formali, alle riunioni di lavoro, agli incontri occasionali con persone che conosciamo appena; ed e proprio questa che diventerà la nostra distanza del quotidiano, annullando necessariamente le gradazioni che ci farebbero diminuire la distanza, a seconda dei contesti, se fossimo in una condizione che lo consente. Secondo un altro antropologo, Tim Ingold, l’essenza del nostro essere sociali sta proprio “nell’aggrapparsi (…) nello stringersi l’uno all’altro”: in questo “intrecciarci di grovigli, nodi, reticoli” si creano i legami, come base dei rapporti umani. E’ chiaro che i legami tra le persone vanno oltre il mero contatto fisico; tuttavia, sedersi al tavolino di un caffe senza potersi sfiorare non finira per “contaminare” la nostra capacita di percepire la presenza dell’altro? La barriera dello spazio e della maschera finira con l’imporre una distanza anche nella comunicazione? Ci sentiremo tutti come in un quadro di Magritte, dominati da un senso di inquietudine, incomunicabilita e solitudine? A queste domande non sappiamo rispondere. La distanza sociale e necessaria e la praticheremo, nell’attesa di riscoprire, forse proprio perche inibita, una natura che ha bisogno di tatto e olfatto, di incontri ravvicinati e mani che si stringono.

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