«Avete salvato la nostra mamma: medici e infermieri, grazie»

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Siamo una famiglia di Savigliano, che purtroppo ha dovuto confrontarsi con la dura realtà del COVID 19. In famiglia siamo tre figli, mia moglie ed io. Il 26 ottobre mia moglie viene ricoverata presso il Pronto soccorso dell’Ospedale di Savigliano. A seguito dell’aggravarsi delle sue condizioni ed al risultato positivo del tampone molecolare, le viene dapprima applicato il casco ventilatore e poche ore dopo ci comunicano dall’Ospedale di Savigliano che mia moglie verrà anestetizzata e quindi intubata per essere trasferita nel reparto di terapia intensiva COVID dell’Ospedale di Mondovì. Dall’Ospedale di Savigliano ci viene concesso, tramite videochiamata di salutare mia moglie prima che venga intubata. Lo spostamento da Savigliano a Mondovì, avviene nella giornata di martedì 28 ottobre nel pomeriggio. Inizia per i miei figli ed io un periodo molto pesante, un periodo in cui ti senti sospeso nel nulla. Le condizioni di cura, in cui mia moglie si trova, non ci permettono di comunicare con lei, di vederla, di avere un non so che cosa a cui aggrapparci per poter sperare ancora. L’unico appiglio che hai è la telefonata che ogni pomeriggio/sera puoi fare al reparto di terapia intensiva.
Durante le giornate le ore sembrano eterne in attesa di quei pochi minuti in cui avrai la possibilità di comunicare con i medici che stanno curando la tua persona cara. Sono pochi i minuti nei quali puoi parlare con i dottori, ma ti rendi conto che in quel colloquio con persone mai viste mai conosciute vivi un attimo di sollievo. La pacatezza, la gentilezza, la disponibilità a spiegarti con parole semplici cosa sta vivendo tua mamma, tua moglie sono le sensazioni che percepisci in modo toccante, quelle persone “anonime” non sono più per noi così anonime, perché ci parlano e ci raccontano di una persona di cui loro si sono presi carico ed in ogni momento della giornata ne monitorano l’andamento e la curano. Nelle loro parole percepisci che nulla è lasciato al caso, che ogni possibile tentativo per portare a buon fine la cura della persona malata viene analizzato e fatto tempestivamente.
Purtroppo come sempre ci sono gli imprevisti ad appesantire la condizione del malato, e qui subentra la capacità diagnostica, l’esperienza, la velocità di reazione di tutta l’èquipe di persone che ruotano e lavorano non solo nel reparto di terapia intensiva ma anche nella radiologia e altri.
Passiamo giorni eterni dove ogni sera al telefono ci rispondono infermiere, sempre molto gentili che mai ci hanno detto senza prima provare “richiami” ma molto garbatamente ci dicono “aspetti” e se possibile ti mettono in comunicazione con il dottore di turno. Dopo dieci lunghi giorni di terapia intensiva intubata, un venerdì sera alla solita chiamata il dottore di turno ci comunica che tua mamma, tua moglie è stata estubata. Grazie al prezioso lavoro svolto da tutto l’apparato sanitario dei reparti COVID, il decorso dei giorni successivi per mia moglie sono stati un continuo progredire e nella giornata di venerdì 27 novembre è finalmente tornata a casa.
Ho pensato di scrivere queste righe, non solo per ringraziare i medici, le infermiere tutto il personale sanitario che lavorano nei reparti COVID dell’Ospedale di Mondovì, dalla terapia intensiva alla Medicina COVID, al reparto Medicina COVID C, ma per cercare di testimoniare che ci sono tante persone che con fatica, spirito di sacrificio ogni giorno nel rischio quotidiano dedicano con professionalità ore ed ore a salvare vite umane. La nostra famiglia vi sarà grata per sempre perché voi avete salvato mia moglie e nostra mamma. Ogni giorno lottate per la vita: grazie a voi noi possiamo dire che, con la nostra persona tanto cara, avete dimostrato che la vita ha vinto.
Non so se avremo occasione di conoscerci, ma potrete contattarci anche attraverso la testata di questo giornale. Grazie.

Il marito e i figli - Savigliano

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