(p.r) – Le luci rimangono accese, titolari e dipendenti sono dentro, presidiano la cucina, la sala, il bancone, come sempre. Solo che non ci sono clienti, né per legge potrebbero essercene. Stante le restrizioni in vigore tutti i locali dovrebbero essere chiusi dopo le 18. Stasera, 15 gennaio, molti ristoratori hanno deciso di tenere, simbolicamente, aperto, in segno di protesta, con la voglia di dare un segnale forte, di dissenso nei confronti di quanto sta avvenendo. La protesta #ioapro è nata spontaneamente e si è diffusa su scala nazionale allo stato brado, senza una comunicazione organizzata e senza la regia di alcuna associazione di categoria. Anche per questo le stesse associazioni di categoria si sono dichiarate contrarie, scoraggiando gli iscritti e addirittura alcuni esercenti hanno risposto con un hashtag contrario #iononapro. C'era il timore che la cosa sfuggisse di mano, che il dissenso finisse per essere controproducente, con ristoratori che davvero potessero aprire in barba ad ogni regola, magari causando focolai. Nel Monregalese sono tre gli esercizi che hanno dichiarato orgogliosamente di aderire alla protesta, e lo hanno fatto nel buonsenso, senza violare alcuna regola: sono la Cioccolocanda di Silvio Bessone, la Pizzeria "I Gandolfi" a Monastero Vasco, la steak house "Hd da Ivan" a Magliano Alpi.
Bessone: «La nostra crisi è la crisi di tutti»
«Lo sto facendo per loro - dice Bessone, indicando il nipotino che corre, giocando, tra il bancone del bar e gli spazi del museo del cioccolato, che portano al ristorante - perché loro devono avere una speranza, un futuro. Non possiamo più tacere davanti a questi provvedimenti che penalizzano ingiustamente la nostra categoria. Il problema del Coronavirus esiste ed è grave, ma vogliamo testimoniare la nostra presenza, far sentire la nostra voce. La difficoltà delle nostre aziende è anche la difficoltà di tutta una filiera. Noi chiediamo solo di lavorare e farlo in sicurezza».
I Gandolfi: «Non si può andare avanti senza una prospettiva»
«Siamo stati chiusi ben sei mesi quest'anno - dicono Fabio e Francesco, titolari della pizzeria i Gandolfi - sfido chiunque a mandare avanti un'azienda con la prospettiva di non lavorare per sei mesi su dodici.
Perché anche se noi non abbiamo incassato nulla le nostre spese sono state le stesse, abbiamo le nostre famiglie da mantenere, dei figli. Chiediamo solo di lavorare in sicurezza e di avere una prospettiva, perché ad oggi non si sa cosa succederà nei prossimi mesi, non ci sono programmi, non c'è alcuna garanzia. E siamo in questa situazione da un anno. Oltretutto ci sentiamo abbandonati e discriminati, perché ogni volta che c'è una nuova stretta la nostra è sempre tra le categorie più penalizzate, questo non è giusto. Abbiamo speso molti soldi per metterci in regola e poter lavorare. Io ho persino ricomprato tutti i tavolini per poter avere il distanziamento regolare, ed evitare il plexiglass perchè l'effetto era quello di uno sportello bancario. Abbiamo sostenuto delle spese per garantire la sicurezza a tutti ma non abbiamo potuto lavorare ugualmente. Non possiamo andare avanti così». «Ci ha amareggiato l'atteggiamento delle associazioni di categoria, che ci hanno lasciati soli, e di alcuni nostri colleghi, che hanno addirittura lanciato il controhashtag #iononapro. In questo momento dovremmo essere uniti, noi stiamo manifestando anche per loro».
Hd da Ivan: «Non capiamo il perché di queste regole»
(e. l.) – Federica e Ivan della steak house e pizzeria “Hd da Ivan” di Magliano Alpi tengono le luci accese e, per questa sera, hanno radunato i dipendenti per un breve video di protesta. «Non capiamo il perché di queste regole. Questa è come una dittatura, non abbiamo più parole. Abbiamo già, subito, ricevuti i controlli. In precedenza ci siamo confrontati con i nostri legali e mettendo sul piatto tutti i rischi (anche per gli ipotetici clienti) non abbiamo aderito alla manifestazione vera e propria dell’“ioapro”, ma vogliamo esprimere il nostro dissenso. In maniera simbolica».
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