Prestiti usurai, dalla denuncia di un imprenditore cebano parte il processo

Un mediatore d’affari di Gorzegno è accusato di aver gestito un giro di denaro con interessi smodati. Ma un testimone nega: «Decidevo io quanto dargli»

(a.c.)Raccontò di aver dovuto restituire 108mila euro dopo aver contratto un debito di circa 35mila euro. Le indagini, su fatti risalenti al triennio 2011-2014, erano partite dopo la denuncia di un imprenditore di Ceva. E ruota attorno a un giro di presunti prestiti usurai il processo a carico di un mediatore d’affari di Gorzegno, S.C. (classe 1962), e di un serramentista albese, J.D. (classe 1987). Interessi enormi, che crescevano del 10% ogni dieci giorni dalla data di restituzione pattuita, a cui sarebbero stati soggetti anche altri nove imprenditori tra le province di Cuneo, Savona e Torino.

A tutti il presunto usuraio avrebbe chiesto di consegnare assegni firmati, in bianco, con la minaccia di incassarli facendo “saltare il banco” qualora i debitori non fossero stati in grado di far fronte alle loro promesse. Per giustificare questi giri di denaro, secondo l’accusa, venivano messe in piedi compravendite fittizie di auto e orologi di marca dove S.C. figurava come intermediario. Un quadro paradossale che avrebbe visto persone in profonda difficoltà economica acquistare Audi e Rolex d’oro mentre contraevano prestiti a tassi stratosferici per salvare le loro aziende. Nell’ultima udienza, la Procura ha convocato un 36enne albese che era stato socio in affari di J.D. e di suo padre C.D. (poi deceduto nel 2016): l’uomo ha ammesso di essere stato solo nominalmente titolare della ditta di infissi e serramenti che di fatto veniva gestita dai suoi soci, prima del fallimento.

Sui giri di denaro e le compravendite di auto orchestrati da S.C. ha deposto nella scorsa udienza anche un 58enne di Millesimo, ex titolare di un’azienda di vernici. A suo dire, i prestiti sarebbero stati un semplice scambio di favori tra amici di lunga data, senza nessun interesse concordato: «Se il lavoro andava bene, restituivo qualcosa a S.C., ma decidevo io quanto». Ai Carabinieri, ha ricordato il Pm, l’ex imprenditore ligure aveva dichiarato invece di aver pattuito un interesse del 10% sui soldi prestati e di aver “coperto” i passaggi di denaro con due acquisti fittizi di auto in realtà non utilizzabili: «Almeno in un primo tempo le macchine funzionavano», ha precisato l’uomo. In casa di S.C., durante la perquisizione, gli investigatori avevano anche trovato un assegno firmato dalla moglie dell’ex imprenditore, sul quale quest’ultima non ha saputo tuttavia fornire nessuna giustificazione. Il 31 marzo è previsto l’esame testimoniale di altre quattro persone convocate su richiesta del pubblico ministero.

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