LA RUBRICA CHE ABBAIA
Anche se la comparsa dei Vanni, ospite del Canile Rifugio 281 di San Michele cani moderni (Canis familiaris) è stata dimostrata a partire da 14.000 anni fa, altri studi hanno fatto retrocedere di millenni la data di inizio del processo affiliativo tra uomo e lupo: nel 1870 a seguito del ritrovamento nella grotta di Goyet, in Belgio, di un cranio di cane, si ipotizzò l’incontro a 36.000 anni fa, ma le ricerche condotte da Carles Vilà nel 1999, sul DNA mitocondriale, hanno collocato l’inizio del processo di domesticazione addirittura 135.000 anni fa. In questa epoca contemporanea però, per molti studiosi denominata antropocene, a causa del forte condizionamento che l’uomo ha e continua a manifestare nei confronti del pianeta, anche il cane ha lentamente ma inesorabilmente lasciato il suo ruolo di collaboratore alle attività umane per trasformarsi troppo spesso in un surrogato affettivo che lo ha ingabbiato in palazzi di cemento, troppo spesso avvistato a passeggio negli ipermercati o a “farsi fare il pelo” settimanalmente dal toelettatore sotto casa. In questa lenta ma inesorabile trasmutazione, l’uomo ha perso di vista la natura e i bisogni del cane approfittando della sua spiccata dote collaborativa.
Il cane che ragiona attraverso il “Noi” e mai potrebbe immaginarsi individuo escluso dalla realtà multipla a cui appartiene. Il cane pronto a sacrificare i suoi più profondi desideri in nome di un legame con il proprio umano. Il cane, discendente del lupo, concepito con un olfatto perfetto, una muscolatura idonea a sostenerlo in mille avventure e un’innata capacità alla risoluzione autonoma dei problemi è troppe volte ridotto dall’uomo a nutrirsi di pappette preconfezionate e a spaparanzarsi annoiato per ore su un divano, obbligato a rinunciare al suo naturale bisogno di cospargersi di odori per noi nauseabondi per non sporcare il cappottino nuovo. Sempre più frequentemente gli umani intendono l’adozione di un animale come un proprio bisogno da soddisfare obbligando il nuovo venuto a snaturarsi pur di corrispondere ad un’idea distorta che il proprietario ha di loro. Ridiamo dignità al cane innamorandoci del suo essere così diverso da noi, approfittiamo dell’occasione che ci offre questo incontro di poter cambiare prospettiva, di lasciarci cogliere dalla fascinazione; quell’atto infantile che ci dona la possibilità di rimanere incantati senza pregiudizi dinanzi all’espressione della vita.
PER GEA - Estelo Anghilante, Operatrice di Zooantropologia
Nella foto, Vanni, ospite del Canile Rifugio 281 di San Michele
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