La verità è che l’Italia guarda all’Europa e la preoccupazione sale. A un anno quasi esatto da Codogno, adesso il virus che muta fa scendere il mondo scientifico quasi tutto compatto e unito: «Servono misure adeguate e rafforzate». Distinguiamo subito ciò che c’è già da ciò che può accadere. Uno degli ultimi atti del Consiglio dei ministri uscente è stata la proroga, venerdì scorso, del “Decreto legge Covid” che rimedia al “vuoto normativo” e allunga il divieto di spostamenti tra Regioni (di qualsiasi colore siano) fino a giovedì 25 febbraio. Una soluzione temporanea, perché poi il variopinto Governo Draghi dovrà mettere mano alle nuove norme, visto che il Dpcm attuale scade al 5 marzo.
Ecco quindi poi cosa succederà. È quasi scontato un rafforzamento, il Piemonte si mantiene ancora in giallo fino a domenica (potrebbe essere l’ultima settimana), mentre la Liguria è già arancione. Quindi il rischio di un nuovo lockdown c’è davvero? Due le ipotesi in campo. La prima – che poi è quello che già, in parte, si sta facendo – è di continuare con le suddivisioni a colori, inserendo zone rosse mirate per isolare tutte le aree a più alta circolazione del virus. Come la Provincia autonoma di Bolzano, come le micro aree in provincia di Perugia, o in alcuni Comuni del Marchigiano. Se ne è parlato anche per tutta la zona che della Valle Crosia, da Ventimiglia a Sanremo. La seconda idea è invece la più drastica: lockdown duro per un periodo di tempo limitato. E attenzione perché conta su sponde importanti. Oltre all’ormai celebre Walter Ricciardi, consulente del ministro Speranza, anche il virologo Andrea Crisanti (in prima linea nella gestione dell’emergenza in Veneto) e l’infettivologo del “Sacco” di Milano Massimo Galli, che aggiunge però che la chiusura totale avrebbe senso se accompagnata da una vaccinazione di massa. Favorevole anche la fondazione scientifica Gimbe: «Senza un lockdown totale per due settimane bisognerà continuare con gli stop and go per tutto il 2021. Chiudere tutto farebbe abbassare la curva per permettere il tracciamento dei contatti».
«Scelte di rigore? Sì, se necessario»
Di altro avviso il direttore dello “Spallanzani” Francesco Vaia e l’assessore alla salute della Puglia Pierluigi Lopalco, secondo i quali servono chiusure «chirurgiche e selettive». E la politica? Il pasticcio dello sci ha deteriorato i rapporti con le Regioni, oltre che il Governo stesso con le frizioni tra i dicasteri Sanità e Turismo. Il neo ministro per gli Affari regionali Mariastella Gelmini ammette: «Va cambiato il metodo di comunicazione» e aggiunge che però «la pandemia è ancora forte, non si può scherzare. Se è necessario fare scelte di rigore, si fanno». La linea la darà il premier Mario Draghi, che ha indicato la campagna di vaccinazione di massa come la “priorità” per il Paese, ma il percorso sembra segnato. «La diffusione di varianti con maggiore trasmissibilità – dice lo studio dell’Iss – può avere un impatto rilevante se non vengono adottate misure di mitigazione adeguata». C’è quella inglese, già diffusa in Italia nel 17% dei casi, quella sudafricana (individuata a Genova) e brasiliana con le incognite, da valutare sul lungo periodo, che si portano dietro sul vaccino.
In Piemonte cala la pressione ospedaliera, ma cresce l’Rt
L’ultimo report, il n. 39, del Ministero della Salute è arrivato, come sempre, al venerdì sera. E ha confermato il colore giallo per il Piemonte. «La classificazione complessiva di rischio – riporta il presidente Alberto Cirio – scende da “moderata” a “bassa”. La pressione ospedaliera continua a calare e l’Rt resta sotto 1 (a 0,93), evidenziando però una crescita rispetto alla scorsa settimana a cui tutti dobbiamo prestare attenzione». Il prossimo venerdì sera è atteso il nuovo report.