Centinaia di discendenti di emigrati in Argentina alla ricerca degli avi cuneesi

L’Ufficio relazioni con il pubblico della Provincia riceve centinaia di richieste di informazioni per ottenere la cittadinanza italiana. Crisi economica e Covid in Sud America tra le principali cause della mobilitazione.

Braccianti Italiani in Argentina

Buenos Aires, Cordoba, Mar del Plata, Rosario, Santa Fè in Argentina, ma anche Rio in Brasile o Montevideo in Uruguay. Sono alcune delle località da cui arrivano all’Ufficio relazioni con il pubblico (Urp) della Provincia di Cuneo, sempre più numerose, richieste via mail di atti di nascita, certificati di matrimonio e stato civile degli antenati cuneesi per poter dimostrare la discendenza italiana ed avviare così la procedura per ottenere la cittadinanza. Soltanto negli ultimi mesi ne sono giunte all’Urp 135, soprattutto dall’Argentina. La Provincia risponde a tutti, ma può solo informare gli aspiranti italiani che l’ente non dispone dei registri dell’anagrafe e stato civile né può rilasciare certificati, funzione propria di ogni singolo Comune (247 in provincia di Cuneo) a cui gli interessati devono rivolgersi direttamente.

La Granda è stata terra di emigrazione verso il Sud America, soprattutto verso l’Argentina, che ha attratto moltissimi piemontesi a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. Ciò che ha spinto tanti contadini cuneesi ad andarse, prima verso la Francia e poi in Argentina, sono state la fame e la miseria. Di conseguenza il progressivo spopolamento delle montagne, colline e pianure mentre, a partire dal 1856, si è assistito alla colonizzazione delle terre argentine in provincia di Santa Fe e poi, successivamente in quella di Cordoba. Oggi, per motivi simili a quelli di allora, molti discendenti degli emigrati scrivono per ottenere documenti anagrafici relativi a loro avi di cui a volte conoscono appena il nome e non sempre il comune di origine. La crisi economica dell’Argentina degli ultimi anni e l’emergenza Covid hanno aggravato una situazione già precaria che spinge molte persone ad intraprendere la lunga e faticosa strada della burocrazia per ottenere la cittadinanza italiana.

Risale al 1912 la legge 555 con la quale, infatti, è stato reso possibile il riconoscimento della cittadinanza ai figli nati all’estero da un padre italiano. Con la successiva nascita della Repubblica italiana nel 1946 e l’entrata in vigore della Costituzione (e dopo la sentenza n. 30/1983 della Corte Costituzionale) è stata esteso anche alle donne questo diritto di discendenza che prima non era previsto. Gli emigranti e i discendenti da emigranti italiani possono chiedere il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis ai sensi della legge 91 del 1992 “Nuove norme sulla cittadinanza” e tra i documenti da presentare ci sono, appunto, l’estratto dell’atto di nascita o di matrimonio degli antenati. «Per ottenere tali documenti occorre rivolgersi direttamente al Comune di origine – ricorda la Provincia – perché solo lì è possibile trovare i certificati richiesti sugli avi. Gli indirizzi e i contatti dei Comuni sono pubblicati sul sito dell’Associazione Nazionale dei Comuni d’Italia (Anci) oppure sul sito Comuni-italiani.it. Un’altra possibilità può essere l’Archivio di Stato dove sono conservati i ruoli matricolari militari dell’Ottocento. Per il rilascio di copie dei fogli matricolari è possibile anche fare riferimento ai vari centri documentali di Esercito, Marina, Aeronautica, Deposito matricolare e Carabinieri. Infine, è disponibile il portale Antenati del Sistema Archivistico Nazionale (San) che consente di condurre ricerche anagrafiche e genealogiche, finalizzate alla ricostruzione della storia di famiglie e di persone».

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