Domani, mercoledì 7 aprile, riaprono le scuole in presenza. Non tutte, però: dagli Asili alla Iª Media. In provincia di Cuneo erano chiuse da un mese, ovvero dall'8 marzo. Dalla IIª Meia al quinto anno delle Superiori si resta in DAD, didattica a distanza.
«Si torna alla didattica in presenza e confido che questo possa aiutare a ritrovare la regolarità di frequenza almeno ai bimbi ed ai ragazzi che ne saranno interessati - afferma l'assessore monregalese Luca Robaldo -, cioè quelli che frequentano gli asili, la scuola dell'infanzia, la scuola primaria ed il primo anno delle medie. C'è un cambio totale di prospettiva: a differenza del passato, il Governo assume con un decreto legge la decisione di riaprire la didattica in presenza - anche in zona rossa - ad alcuni ordini e gradi scolastici, oltre che ai servizi educativi per l'infanzia. Per quanto concerne, invece, gli ultimi due anni delle medie ed il ciclo superiore si potrà tornare al massimo al 75% in presenza quando verrà riconosciuta la zona arancione.
Sono decisioni, peraltro, che saranno inderogabili da parte delle Regioni. E questa è una vera novità. Voglio rivolgere un ringraziamento a tutto Il personale scolastico ed alle famiglie, confermando la volontà del Comune di Mondovì di essere loro vicino per affrontare le esigenze che si presenteranno, così come fatto finora».
«RIAPRITE ANCHE LE SUPERIORI!». Con un nuovo intervento via lettera (inviata a Draghi, Cirio, Icardi nonché ai ministri Dadone e Bianchi), il Comitato Priorità alla Scuola Piemonte torna a chiedere la riapertura anche degli anni successivi: «La prospettiva è chiaramente quella di lasciare i ragazzi più grandi ancora a casa, in solitudine perché più autonomi e senza l’esigenza di una sorveglianza come gli studenti più piccoli. Sono più grandi anagraficamente e quindi meno dispendiosi in termini di risorse e di cura, con genitori che non per forza necessitano di bonus baby-sitter o congedi parentali e quindi ancor più facili da “abbandonare” al loro destino. Molti dei nostri giovani non si lamentano, vivono passivamente la DaD o DDI, non se la sentono di urlare il loro disagio, di scendere in piazza. Non scendono nelle strade a protestare perché confusi, timorosi, non abituati a protestare, ma soffrono e il loro silenzio parla per loro. E così è ancor più facile per le istituzioni non occuparsi di loro. Tuttavia, parlano per loro i ricoveri in neuropsichiatria, l’aumento di atti autolesionistici, di depressioni, di disturbi alimentari, di allucinazioni e dispercezioni, di agitazione, disturbi del sonno. L’Ordine degli psicologi si è esposto più volte sottolineando le crescenti
problematiche. L’isolamento forzato, la maggiore possibilità di trascorrere molto tempo in rete fra serie TV, social, giochi online, non possono che aumentare i disagi, disagi non sempre facili da cogliere da parte delle famiglie e dei docenti se non in casi estremi. Parliamo noi genitori e insegnanti per loro, che ogni giorno li vediamo spegnersi sempre più demotivati e stanchi delle lezioni frontali, della richiesta di performance nozionistica, della corsa ai voti e dell’invasione di compiti e verifiche. Lo stato non può non occuparsi di loro, sono giovani in crescita, che giorno dopo giorno costruiscono la loro personalità e diventano adulti. Ci chiediamo: forse non essendo produttivi, non vengono considerati fra i settori essenziali e si possono quindi abbandonare? Le scuole sono chiuse da tempo, tuttavia, come apprendiamo ogni giorno dai media, non abbiamo riscontrato miglioramenti in termini di Rt. Semplicemente è stato ipotizzato che avendo per la loro età una maggior probabilità di contatti, avrebbero tutti contribuito all’incremento dei contagi. Indipendentemente dal loro comportamento. Da più di un anno la scuola è in Italia la prima a chiudere e l’ultima a riaprire e questo non è accettabile in un paese civile».