Brano tratto da un libro di racconti del prof. Bruno Baudissone. Laurea sul melodramma verdiano, esperto di voci liriche, collaboratore della Rai, del Regio di Torino, di riviste e case discografiche, promotore del Premio “Mondovì l’Opera”, pianista e compositore in proprio, il prof. Baudissone è stato preside a Mondovì e Cuneo di Scuole medie a indirizzo musicale; ha intervistato centinaia di cantanti lirici (Un nido di memorie; Una voce poco fa; Voi che sapete; Non ti scordar di me…) ed è autore di manuali di musica e di racconti.
di BRUNO BAUDISSONE
Per una ventina d’anni ho presieduto commissioni d’esame di licenza dalla Scuola media, prima nel Pinerolese poi in provincia di Cuneo. Tutto sommato, una bella esperienza che mi fa tornare in mente episodi più o meno gustosi, comunque rivelatori. Ogni volta, nella riunione preliminare, mi premuravo di ricordare che quell’esame a conclusione della Scuola dell’obbligo voleva essere una prima prova di maturazione dei preadolescenti; invitavo perciò i commissari ad avviare il colloquio con i ragazzi evitando domande solo nozionistiche materia dopo materia. Ma le mie erano spesso parole al vento.
Mi fa ad un tempo tenerezza e rabbia ricordare, ad esempio, un’insegnante d’educazione musicale che aveva preparato le classi facendo studiare a tutti singolarmente il “Va’ pensiero” col flauto dolce. La commissione fu così costretta a sorbirsi un centinaio di volte lo stesso brano verdiano, col piacere che lascio immaginare. A chi invocava pietà, la docente però rispondeva: “Come posso stilare una graduatoria nei giudizi se non ascolto il pezzo eseguito per intero da ciascun allievo?”. Ineccepibile.
Altri due ricordi emergono con insistenza fra i tanti. Quello di un ragazzo che sostenne, di fronte alla commissione attonita, che la Sicilia è una penisola confinante con il mare, con l’Italia e con l’Africa. E la prova di una ragazza d’un paesino a pochi chilometri da Mondovì. I suoi insegnanti mi avevano preavvisato: l’alunna purtroppo aveva i tre scritti negativi e all’orale probabilmente avrebbe fatto scena muta essendo molto timida. “Un po’ imbranata”, sintetizzò il docente di educazione fisica. La ragazza entrò, si sedette tenendo la testa bassa e giurò a sé stessa che non avrebbe aperto bocca. L’insegnante di Lettere cercò di agevolarla facendole leggere una breve poesia. Lettura stentata come in una prima Elementare. Poi le chiese di commentarla; quindi si passò alla Storia. Nessuna conoscenza, o comunque silenzio anche lì. L’insegnante, più imbarazzata della stessa candidata, tentò un’ultima carta: “Dimmi una cosa semplice semplice: attualmente in Italia c’è la Repubblica o la Monarchia? Ti ricordi? Ne abbiamo parlato anche in Educazione civica…”. Dopo un attimo di perplessità la risposta venne con voce appena percepibile: “Repubblica”. “Brava, vedi che qualcosa lo sai?” sospirò soddisfatta la docente. Non è mai stata mia abitudine, per rispetto degli insegnanti, intervenire con domande durante gli esami; ma in quell’occasione mi venne spontaneo chiedere alla ragazzina: “Lo sai perché siamo in una Repubblica?”. La candidata si concentrò un attimo e poi sbottò sicura: “Perché c’è il Re”. E fu ovviamente promossa.
Essendo in pensione da anni, non frequento più gran che l’ambiente scolastico, e chissà se la situazione è mutata. Un insegnante comunque mi ha raccontato di un alunno che in un elaborato d’esame di qualche tempo fa aveva definito l’Italia “un Paese molto bello e importante perché ha due Re: il Papa e Berlusconi”.