Cecilia Strada, figlia di Gino, è arrivata a Dogliani per l’incontro al Festival della Tv e Nuovi Media. Il suo, nel pomeriggio di oggi (domenica 5 settembre) è uno degli incontri più seguiti. Cecilia opera per la Onlus ResQ e quando è stata raggiunta dalla notizia della morte del papà era in mare, a salvare vite. «Non ho avuto molto tempo per leggere tutte le reazioni, – ha raccontato sul palco – ma quello che mi fa più piacere sono le frasi di quei ragazzi, quando mi dicono che grazie al dottor Gino hanno potuto riprendere a camminare. Dopo le mine. Alla camera ardente credo non sia venuto nessun politico, e io che apprezzo la coerenza dico che è meglio così. Alla fine, per alcuni, diciamolo Gino Strada morto è più comodo. Non parla».
«Soccorrere in mare– continua Strada – è costoso, la nave "Resq People" batte bandiere tedesca da quando l’abbiamo acquistata. Ma il costo di una vita salvata non ha prezzo. Ed è una bellissima storia italiana, io quando mi ringraziano dico “grazie a voi” che ci sostenete, anche con 20, 50, 5 euro. La storia della Onlus ResQ People è una bellissima storia italiana». A porle le domande il direttore de “Il Domani” Stefano Feltri: «Guardando all’ondata di emozione dopo la morte di Gino Strada, verrebbe da pensare che siamo un popolo di pacifisti. Come si coniuga tutto questo con scelte elettorali, con quello che si legge tutti i giorni sui social?».
Sul palco con lei l’ex magistrato Gherardo Colombo: «Chi pensa che le persone possano morire affogate nel Mediterraneo, ritiene che tutto sia negoziabile. Se due milioni di persone offrissero un euro per questa iniziativa, il problema sarebbe arginato. Ma la logica è che è meglio tenere l’euro, un reflusso delle leggi fasciste legate ai beni di proprietà. Un mio bene equivale a una vita di un’altra persona».
Cecilia Strada: «Essere riportati indietro in Libia, vuol dire uomini torturati e donne stuprate. Ricomincia la tratta degli esseri umani. Le nostre organizzazioni vengono trattate come criminali perchè li soccorriamo, è esattamente il contrario. Il giro della guardia costiera libica, pagata con le nostre tasse, alimenta questo traffico».