“Sembrava una persona perbene” dice di lui la persona che ha denunciato, nell’aprile del 2018, l’agricoltore benese C.G. I due si erano incontrati alla Fiera della Meccanizzazione di Savigliano per poi accordarsi sulla vendita di un trinciasarmenti del valore di quasi 5mila euro. Come richiesto, il macchinario era stato consegnato in cascina di Bene Vagienna: C.G. aveva pagato con un assegno bancario da 4.880 euro, firmato in presenza del venditore (titolare di un’impresa di macchine agricole di Canale). Pochi giorni dopo, però, al momento di metterlo all’incasso erano sorti i problemi: «La banca mi ha chiamato per dirmi che non era stato pagato né una prima né una seconda volta. Dopo continui solleciti a C.G., l’ho avvisato che se non avesse saldato o restituito la macchina avrei proceduto per vie legali». L’interlocutore, a quel punto, aveva smesso di rispondere alle chiamate.
Per il pubblico ministero e per il patrono di parte civile ciò prova la sussistenza di un intento truffaldino fin dai primi approcci: «In istruttoria è emerso che l’assegno non solo non era coperto, ma era intestato a un soggetto terzo», ha sottolineato l’avvocato delle parti offese. Di diverso avviso la difesa, secondo cui «siamo in una fattispecie civilistica, perché non c’è il raggiro: certo è che il venditore ha agito con leggerezza, mettendo l’assegno all’incasso ben tredici giorni dopo». Il giudice ha condannato C.G. e accolto la quantificazione della pena proposta dal rappresentante dell’accusa, ovvero otto mesi di reclusione e 700 euro di multa. Il medesimo imputato nei mesi scorsi era già stato condannato per spendita di denaro falso e per esercizio arbitrario delle proprie ragioni. In concorso con un fossanese, è a processo anche per una serie di truffe legale a compravendite di gasolio.