La “cerca del tartufo” può diventare patrimonio dell’umanità Unesco

Primo “via libera” dalla commissione internazionale. Nella candidatura si legge: “Tradizione secolare, tramandata attraverso storie, aneddoti e proverbi, che riunisce vita rurale ed alta cucina”

Un’altra delle pratiche più caratteristiche e radicate della tradizione di Langa potrebbe diventare, in futuro, riconosciuta come patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Stiamo parlando della “cava e della cerca del tartufo”. In questi giorni è arrivato infatti il via libera per l'iscrizione nella lista Unesco, con la pubblicazione sul sito web dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, dopo l'esito positivo della valutazione da parte dell'organo di esperti, riunitosi a Parigi. La decisione finale è attesa a metà dicembre, alla fine dell'iter di candidatura formale iniziato con la proposta italiana, nel marzo 2020, da parte del Ministero dei beni culturali e del turismo. “La pratica – si legge nel dossier di candidatura che sarà sottoposto alla commissione Patrimonio Culturale Immateriale per il ciclo 2021– riunisce conoscenze vaste, incentrate sulla profonda consapevolezza dell’ambiente naturale e dell’ecosistema, ed enfatizza inoltre il rapporto tra uomo e animale, riunendo le abilità del tartufaio e quelle del suo cane. Si tratta di una tradizione secolare, tramandata attraverso storie, aneddoti, pratiche e proverbi che raccontano di un sapere che riunisce vita rurale, tutela del territorio e alta cucina”. In Italia sono circa una decina le principali specie di tartufo. Il più celebre e celebrato è senza dubbio quello di “casa nostra”, il pregiato Tartufo Bianco d’Alba, ma raccolgono numerosi consensi su scala nazionale anche il “Nero Pregiato” dell'Appennino e gli “estivi” Bianchetti e Marzuoli.

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