Nonna Rita Filippi racconta il Natale di 100 anni fa: «Eravamo felici con poco»

101 anni compiuti e una grande lucidità La signora Margherita è la nonna più longeva di Trinità: «La sera della viglia facevamo capriole sulle paglia, nella stella. Sulla tavola di Natale, a volte c’erano anche i tajarin»

Margherita Filippi, nata il 25 agosto 1920 ai Ronchi di Carrù, cresciuta nella borgata “Risord”, ha trascorso gran parte della sua vita a Trinità e oggi risiede nel Soggiorno per anziani del paese, sempre circondata dall’affetto della sua famiglia. 101 anni compiuti e non sentirli, ed è proprio vero questo detto per nonna Rita (la nonna più longeva di Trinità) che, con la sua splendida lucidità, ci racconta il Natale di quand’era bambina. «C’era la miseria e la mia famiglia aveva pochi soldi, vivevamo nella povertà come tanti. Eravamo cinque fratelli, tutti piccoli insieme. Quando ero piccola a Natale non si faceva mica come adesso. La sera della vigilia di Natale si andava tutti nella stalla, perché le mucche riscaldavano l'ambiente ed io con la mia famiglia e i vicini aspettavamo la nascita di Gesù. I grandi: mia mamma, papà e i vicini, parlavano tra di loro e cantavano. Invece io con i miei fratelli giocavamo. In un angolo c’era un mucchio di paglia, dove noi bambini saltavamo e facevamo capriole. Il giorno di Natale, chi si svegliava per primo svegliava anche gli altri e subito si guardava sotto il cuscino. Solitamente mamma ci metteva quattro bon bon e il “Bambin” di zucchero. Eravamo felici anche con poco! Dopo un buon latte, tutti assieme si andava a messa a piedi. Camminavamo per oltre 2 chilometri. Dopo la messa noi bambini ci fermavamo un po' all’Oratorio, si giocava sulla neve. C’era suor Letizia, brava, mi ha insegnato tante preghiere, io stavo bene con lei. Intanto mamma e papà andavano a casa a preparare il pranzo. Non c'era grande abbondanza e si pranzava con pietanze povere, però si mangiava bene il giorno di Natale. Sulla tavola c’era sempre qualcosa di speciale: la polenta o il riso latte e poi a volte anche i tajarin. Qualche volta si andava a mangiare nella stalla, perché faceva più caldo. Terminato il pranzo noi bambini giocavamo a carte, a “bugiardo”, e chi perdeva aveva una penitenza da fare: andare sulla neve. La neve non mancava mai, mica come adesso. Avevamo poco, i doni erano poveri, ma regalavano tanta felicità! Poi a 18 anni mi sono sposata, sono nate le mie figlie e abbiamo iniziato a far il presepe con poche statuine di gesso, un po' di muschio raccolto nel giardino e i pranzi erano già più ricchi. Per me il Natale è sempre stata e lo è ancora adesso una bella festa!».

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