I ragazzi delle scuole intervistano Luigi Garlando

Lo scrittore milanese, grande firma della “Gazzetta dello Sport” si racconta agli studenti: al centro dell’incontro il libro ‘O maé – Storia di judo e camorra’ ispirato alla storia di Gianni Maddaloni. L’iniziativa è dell’Associazione “Dardanello”

Tutti noi, anche per esperienze personali, sappiamo quanto lo sport possa essere un veicolo di crescita, un’occasione di ricordi ed emozioni importanti. Eppure per tanti ragazzi rappresenta davvero un’ancora di salvezza e una possibilità di riscatto. Per questo, in un quartiere come Scampia, è così importante una palestra come quella di Gianni Maddaloni. L’allenatore, padre del campione olimpico Pino, è un vero e proprio presidio, che offre ai ragazzi un’alternativa all’ingresso nel “Sistema” e spesso aiuta le famiglie bisognose. Una storia straordinaria, che Luigi Garlando, giornalista milanese e prolifico autore di romanzi, ha scelto di raccontare in uno dei suoi libri destinato proprio ai più giovani. Libro letto dai ragazzi delle Secondarie di primo grado di Vicoforte, San Michele e Serra, che hanno preparato con le loro insegnanti una bellissima intervista all’autore. È proprio Garlando il protagonista del primo appuntamento dell’anno con il ‘Dardanello Incontra’ che offre agli alunni del progetto ‘A scuola di giornalismo’ l’opportunità di incontrare autori ed esperti del mondo della professione.

Garlando: «Nel libro pochissima fiction».
Condotto da Paolo Cornero, direttore del progetto, che ha moderato gli interventi dei ragazzi, l’appuntamento ha offerto tanti spunti interessanti sul libro e un ritratto molto sincero del suo autore, che si è messo in gioco, confessando ad esempio di essere stato un ragazzo ben poco attratto dai libri. «Mi sono appassionato al liceo, prima sognavo di diventare un calciatore – ha raccontato – diventare giornalista sportivo mi ha dato l’opportunità di coniugare le mie più grandi passioni». Su ‘O maé’ ha tenuto a precisare come sia un romanzo in cui la parte di finzione è ridotta ai minimi termini: «C’è pochissimo di inventato. Tutt’ora quando passo a Napoli per motivi di lavoro cerco sempre di passare a Scampia, a salutare Gianni. Anche alcune delle scene più particolari del libro sono cose che ho visto in presa diretta». La scrittura per Garlando è la più grande delle passioni: «La scrittura è la mia Playstation. Non vedo l’ora di avere una giornata di ferie per dedicarmici. La libertà del romanzo è liberatoria, puoi decidere trama, personaggi, ambientazioni. È come fare un viaggio. Non amo i sequel: non mi interessa tornare su temi già esplorati». Tra i progetti, ha ricordato il suo libro più venduto, sulla storia di Giovanni Falcone: «”Per questo mi chiamo Giovanni” ha continuato a essere letto, da quando è uscito nel 2004 ha venduto più di un milione di copie. Sapere che tanti ragazzi hanno appreso la grande lezione civile e l’altruismo di Giovanni Falcone dalle mie pagine è una straordinaria soddisfazione».

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