Riceviamo e pubblichiamo. Scrivo per far sorgere una riflessione comune su una tematica assai discussa sulle nostre montagne, la convivenza tra uomo e lupo. Sono un assiduo frequentatore degli sport legati al mondo della montagna e nel corso degli ultimi anni ho avuto già quattro “incontri” con l’attività della fauna che popola le nostre Alpi.
Novembre 2019: rientravo con due compagni da una salita di misto nel massiccio del Marguareis (alta Valle Pesio) quando, giunti nel fondovalle a tarda sera (la notte ci aveva raggiunto già nella prima parte della discesa), siamo stati accompagnati da più ululati di lupi nelle nostre vicinanze. Al buio era impossibile dire la provenienza o la distanza ma vi assicuro che ci ha fatto allungare il passo ed accapponare la pelle.
Maggio 2020, secondo giorno di libertà dal primo lock-down, era l’alba e stavo salendo in macchina verso il colle della Maddalena per una gita di scialpinismo quando, prima della galleria delle Barricate (qualche km dopo Pontebernardo), vedo attraversarmi la strada un animale che non sono riuscito immediatamente a riconoscere. A prima vista troppo grande per essere un cane di taglia media era proprio lui, un lupo solitario. C’è chi sogna di vederlo…, a me dall’auto è bastato e non ne ho apprezzato per molto la grandiosità, ma di sicuro ho percepito di non essere in cima alla catena alimentare e che quel giorno (dopo mesi di assenza della presenza di persone o mezzi sulle strade) eravamo noi scialpinisti ad essere oggetto di attrazione per lui, forse, e non viceversa.
Gennaio 2021, durante una gita di scialpinismo sempre in Valle Pesio nei pressi di Gias Madonna (bassa Valle a pochi km dal rifugio Pian delle Gorre) salendo come primi a battere traccia nella neve fresca siamo incappati in un banchetto ancora fresco. La neve era imbrattata di sangue rosso accesso, il che faceva presumere che il pasto fosse appena stato consumato (erano presenti ancora pochi resti dell’animale), una scena quasi “splatter”.
Mercoledì 15 dicembre ‘21 Valle Varaita: è mezzogiorno e sto scendendo sulla traccia di rientro della Bonvin (una classica cascata di ghiaccio della valle a pochi km dall’abitato di Casteldelfino) quando scorgo diverse gocce di sangue sulla neve. Nel seguirle, per giungere dove abbiamo depositato parte del materiale, incappiamo nuovamente in un pasto. Questa volta addirittura l’odore nell’aria è percepibile, e il rosso vivo e la temperatura non così bassa fanno davvero pensare che sia appena terminato (i resti sono pochissimi). La cosa che fa più strano è che il tutto è avvenuto a 50 metri dai nostri zaini e da quelli di due altri ragazzi ancora impegnati nella scalata. Tra la domenica ed il giorno precedente sulla traccia saranno transitate almeno una decina di persone. La domanda che mi sorge spontanea è: se fossimo arrivati lì un’ora prima, durante il “banchetto”, chi sarebbe fuggito, noi o loro (dalle numerose impronte non era solo un’esemplare)?
Facevo penso quinta Elementare quando ci fu presentato il "Progetto lupo": allora era appena iniziato il censimento dei primi esemplari sulle nostre Alpi ed era, penso, tutto in divenire. Dopo 15 anni ne vedo le tracce negli stessi posti che frequento io e moltissime altre persone… Si dice che i lupi temano l’uomo e fuggano al solo sentirlo, ma se banchettano a 50 metri da dove eravamo noi, a 500 metri dalla strada, tanta paura dove sta? E se ora i “contatti” o avvistamenti seppur sporadici sono numerosi tra altri 20 anni dove andremo a finire?
Luca A. - Mondovì