Una visita speciale, per Natale, al Museo “Ghislieri” e al Santuario meno noto

Con “L’Unione Monregalese” un tour virtuale nel Santuario di Vicoforte meno conosciuto e frequentato. Dopo trent’anni dalla chiusura, si torna a visitare il Museo Storico “Ghislieri”, che contiene i cimeli di quattro secoli di storia.

(p.r.) – Un regalo per tutti i lettori, a chiusura del progetto editoriale “Santuario di Vico – Una storia da riscrivere”: in occasione delle festività natalizie vi invitiamo a una visita davvero speciale, ai luoghi meno frequentati e noti del Santuario di Vicoforte, non accessibili e fruibili al pubblico. A cominciare dal Museo storico “Ghislieri” che ha chiuso i battenti a partire dagli anni Novanta. Visitare il museo significa fare un viaggio nel tempo, tra i cimeli di quattro secoli di storia, un vero e proprio patrimonio storico e culturale di vaste proporzioni. I monregalesi più giovani non hanno mai potuto vedere le sue bellissime sale, che ancora oggi colpiscono nonostante tanti anni di chiusura. Il percorso museale, istituito nel 1966 nell'ambito delle celebrazioni per il quarto centenario dell'elezione del cardinale Ghislieri a papa Pio V, si sviluppa negli ambienti situati nei sottotetti delle cappelle del Santuario, con un percorso tra corridoi e scale a chiocciola impossibile da adeguare agli standard di sicurezza moderni. All’allestimento del Museo, e al suo mantenimento, si è dedicato con particolare passione don Enrico Nasi, vice rettore dal 1965 al 1990. Oltre al Museo, nel servizio video, realizzato con la collaborazione di Stefania Trombetta, sarà possibile vedere l’archivio del Santuario e alcuni dei preziosi volumi contenuti; oltre all’organo della basilica, costruito da Vegezzi Bossi nel 1903.

Il servizio sarà trasmesso in prima visione sui canali Facebook e You Tube de l'Unione Monregalese alle 18 della Vigilia di Natale.

Il museo "Ghislieri" nelle parole del suo curatore:

Quattro secoli di storia mariana nel museo “Ghislieri”

Continuiamo la visita guidata alle sale ricche di testimonianze per capire meglio le origini e il percorso storico della devozione al Santuario

Di don Enrico Nasi

Unione Monregalese, 20 ottobre 1988

La visita del Museo Ghislieri t'ha già fatto percorrere la prima scala a chiocciola, comoda, ricca di spunti, di suggerimenti, di sana curiosità. Sei arrivato al primo piano della mostra. Ti sei lasciato dietro sessantadue scalini. Hai raggiunto i dodici metri in altezza. Sei all'altezza dei grandi archi che si susseguono all'interno dei Tempio, sorretti dagli otto pilastri portanti, subito sopra la volta della cappella di San Bernardo.

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Primo spettacolo: una bella grande “finestra termale” t'apre la visione sbalorditiva dell’interno del Santuario: la grande navata ovale, il solenne baldacchino centrale con l ’immagine venerata della Madonna del Pilone. Questa fu la prima denominazione generica che la distingueva, alla fine del 1400 e per tutto il '500. All'inizio la Madonnina era circondata da cespugli, da boscaglia, da sterpi, in un bosco deserto, nel tondo della Valle lambita dalle acque dell'Ermena, un ruscello di modesta portata di cui ora non si vedono tracce, perché durante la realizzazione del progetto Vitozzi, e stato chiuso sotto una robusta volta a botte in pietra e da allora (ancora oggi) cammina sotto il livello della strada che scorre davanti alla Palazzata a semiottagono che fa da cornice al Santuario. L’immagine autentica, in affresco, opera del pittore Segurano Cigna, oggi, si trova sopraelevata tra marmi e metalli dorati al centro del Tempio: chi entra per venerarla, se la trova immediatamente sott’occhio, come una visione. Più tardi (1601) la Madonna del Pilone venne denominata, da Carlo Emanuele I, duca, Madonna della Pace ed il Santuario (che già fuoriusciva dalle profonde fondazioni) fu insignito col titolo di Templum Pacis. Nel 1682, in occasione del la prima incoronazione solenne, fu aggiunto l'appellativo di Regina del Monte Regale, così, ancora oggi, invocata. Cosi è conosciuta nel mondo. Questo è il primo emozionante incontro dall’alto, che apre l’occhio sul mistero del Santuario: da qui pare di penetrare con lo sguardo dentro le fibre vive d ’un cuore bello, quasi infinito, immacolato, amoroso: cuore della Madre del Cristo che dona forza e vita a tutta una Diocesi, di cui è centro spirituale. Mi piacerebbe (!) esprimere questa immagine nel mistero della tenue luce diffusa, confusa con quel rosso-scuro dei marmi (che sanno... di colore di cuore): mistero dilatato in quelle nobili strutture che profumano di vivo, di raccolto, di intimo, di caldo, di reale. Di vera, profonda realtà spirituale. Da questa finestra della prima sala del Museo ci si sente sospesi ed ancorati ad una nuova dimensione soprannaturale della vita: come già ci si partecipasse anima e corpo.

LA STRUTTURA DELLA SALA

La denominazione è Sala delle origini: perché riassume storia, documenti, oggetti che toccano in più modi gli inizi nuovi e diversi d’un centro di fede e d’un complesso d ’arte che nasce come frutto benedetto della fede di paesini, di regioni, di popoli. Pavimentato in cotto, posato sopra la volta della cappella di San Bernardo. Muri perimetrali in pietra, costruiti nel primo '600: per cui sono pareti ancora Vitozziane. La volta a botte, in mattoni e stata costruita circa un secolo dopo dall’architetto Francesco Gallo: ed e lì dove cominciano le piccole modifiche al progetto Vitozzi. Vista cosi com’è, al rustico, mostra, con tanta evidenza, l’opera al momento dell’interruzione (morte del Vitozzi 1615) ed al momento della ripresa (dopo un secolo) con l’attività del Gallo.

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Visitando la sala (in senso orario) la prima bacheca espone l’archibugio del 1500 con cui venne, involontariamente, ferita l’immagine semicelata dall’abbondanza di vegetazione selvaggia. A lato della custodia, una lunga didascalia riassume un atto notarile del 1638  «... Da un documento autentico Fabrizio Rebaudengo, ducalnotaio a Mondovì, in data otto settembre 1638, risulta che in quel giorno, don Maurizio Luca parroco di Roccaforte e Don Giovanni Filippo Martini parroco di Villanova, consegnarono all'Abate dei Cistercensi, Don Pietro di San Bernardo: "un antico fucile montato alla genovese, rigato al di sotto e colla canna lunga... Nel fare tale consegna i due sacerdoti attestarono aver quell'arma appartenuto a certo Giulio Sargiano di Vico, agricoltore, residente negli ultimi anni del viver suo a Villanova ed essere la medesima con cui, esercitandosi esso molto tempo prima con alcuni suoi compagni al tiro del bersaglio nella Valle Borbonesca, sbagliò il segno che era appeso al Pilone e colpì invece l’immagine sovr’esso dipinta, alla quale cagionò nel petto un guasto » (da Santuario di Vicoforte di Gaetano Giovannini ediz. I tal. Civelli - Milano 1885) G. Carboneri nella sua Guida storico illustrata del Santuario di Mondovì cita il documento di Fabrizio Rebaudengo tra le date più importanti della Storia del Tempio (pag. 71).

La disposizione originale della sala delle Origini, oggi smantellata - Fonte Archivio del Santuario

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Dunque comincia la vera storia della devozione, dei fatti misteriosi, della Fede e dell’Arte di cui e testimone questo tempio dedicato alla Madonna del Monte Regale. Nella seconda custodia, una tela antica, bisognosa di restauro, del diacono Cesare Trombetta, primo teste attento a quei segni che stavano additando vistosamente  una nuova era di devozione popolare a Maria. Cesare Trombetta (poi diventato sacerdote) fu il pioniere, l’apostolo: nominato fin da subito tesoriere della Madonna del Pilone. In archivio abbiamo volumi di annotazioni, di contabilità, minuziosa, quanto preziosa oggi, scritti di suo pugno. Nato a Vicoforte Fiamenga il 10 giugno 1571; morto nel 1623.

1594: costruiva la prima cappellina per riparare il Pilone;

1595: ebbe la gioia di veder benedire dal vescovo Castrucci la prima pietra d’una chiesa a tre navate

1596: il 7 luglio esultò nell’assistere alla nascita del grande tempio proposto da Carlo Emanuele I e disegnato dal Vitozzi.

Trombetta è sepolto a lato del sacro Pilone sotto il presbiterio centrale. Ricordato da sempre con il titolo di Venerabile.

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